Cass. civile, sez. II del 2023 numero 4865 (16/02/2023)



La regola di attribuzione della proprietà prevista dall'art. 1117 cod.civ. per i beni ivi elencati, tra cui rientrano anche i cortili, può esser vinta soltanto mediante la prova certa dei seguenti elementi:
(1) che il bene non sia mai stato di proprietà comune, da fornire a cura del soggetto interessato mediante la produzione di un titolo anteriore all'insorgenza del condominio;
(2) ovvero che lo stesso sia stato acquistato per usucapione.
In tema di condominio negli edifici, per tutelare la proprietà di un bene appartenente a quelli indicati dall'art. 1117 cod. civ. non è necessario che il condominio dimostri con il rigore richiesto per la rivendicazione la comproprietà del medesimo, essendo sufficiente, per presumerne la natura condominiale, che esso abbia l'attitudine funzionale al servizio o al godimento collettivo e cioè sia collegato, strumentalmente, materialmente o funzionalmente con le unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condomini, in rapporto con queste da accessorio a principale, mentre spetta al condomino che ne affermi la proprietà esclusiva darne la prova. Nell'ambito del predetto rapporto, alcun rilievo assume la circostanza che un determinato spazio, comunque condominiale in funzione della sua natura e destinazione di fatto, non sia stato indicato nel regolamento dell'ente di gestione.
La presunzione legale di condominialità stabilita per i beni elencati nell'art. 1117 cod.civ., la cui elencazione non è tassativa, deriva sia dall'attitudine oggettiva del bene al godimento comune sia dalla concreta destinazione di esso al servizio comune, con la conseguenza che, per vincere tale presunzione, il soggetto che ne rivendichi la proprietà esclusiva ha l'onere di fornire la prova di tale diritto; a tal fine, è necessario un titolo d'acquisto dal quale si desumano elementi tali da escludere in maniera inequivocabile la comunione del bene, mentre non sono determinanti le risultanze del regolamento di condominio, né l'inclusione del bene nelle tabelle millesimali come proprietà esclusiva di un singolo condomino.
Il cavedio - talora denominato chiostrina o pozzo luce - è un cortile di piccole dimensioni, circoscritto dai muri perimetrali e dalle fondamenta dell'edificio comune, destinato prevalentemente a dare aria e luce a locali secondari (quali ad esempio bagni, disimpegni, servizi), e perciò sottoposto al medesimo regime giuridico del cortile, espressamente contemplato dall'art. 1117, n. 1 cod. civ. tra i beni comuni, salvo specifico titolo contrario. Non rileva, a contrario, il fatto che al cortile, o cavedio, si possa accedere solo tramite una proprietà individuale, poiché ai fini dell'esclusione della regola attributiva della proprietà di cui all'art. 1117 cod. civ. occorre la prova che la res, per le sue caratteristiche strutturali, risulti destinata al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari.

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