Cass. civile, sez. II del 2013 numero 15709 (21/06/2013)




In tema di prelazione immobiliare, la denuntiatio deve essere fatta, a pena di nullità, in forma scritta e, quindi, non può essere provata con testimoni.

Il patto di prelazione relativo alla vendita d'immobile non impegna il promittente a concludere il contratto, ma solo a preferire caeteris paribus il promissario se si deciderà a compierlo. Ne consegue che, in caso di inadempimento del promittente, il patto di prelazione ne comporta unicamente la responsabilità per danni non essendo suscettibile di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. in quanto il bene oggetto della pattuita prelazione non può essere né trasferito al promissario dal disponente che lo ha oramai alienato, né restituito dal terzo acquirente che non è soggetto al riscatto, previsto soltanto per le prelazioni reali. Va altresì rimarcato che il patto di prelazione è valido anche in assenza del termine finale.

Il patto di prelazione per il caso di vendita, stipulato senza limiti di tempo, non ricade nel divieto di rapporti obbligatori che tolgano senza limitazioni cronologiche al proprietario la facoltà di disporre dei suoi beni, in quanto tale patto non comporta l'annullamento dell'indicata facoltà, restando sempre il proprietario perfettamente libero di disporre o meno dei suoi beni ed alle condizioni che preferisce, bensì soltanto un limite relativo alla libera scelta della persona del compratore, la quale, nella normalità dei casi, a parità di condizioni per tutto il resto, è indifferente per il venditore. Tuttavia, ai sensi dell'art. 1183 c.c., deve ritenersi ammissibile un intervento del giudice che, su istanza di una delle parti, stabilisca un termine finale ritenuto congruo per l'esercizio del diritto di prelazione.

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