Affitto: nozione e causa


Nell’ipotesi in cui venga concesso in godimento un bene nella sua dimensione produttiva, non già di locazione trattasi, bensì di affitto. Ai sensi dell’art. 1615, infatti, “quando la locazione ha per oggetto il godimento di una cosa produttiva, mobile o immobile, l'affittuario deve curarne la gestione in conformità della destinazione economica della cosa e dell'interesse della produzione. A lui spettano i frutti e le altre utilità della cosa.” Essenziale si pone l’obbligazione a carico dell’affittuario di gestire il bene: tant’è che il subaffitto e la cessione del contratto sono consentite solo eccezionalmente (infra, par. successivo) e che l’affittante può in ogni tempo svolgere gli accertamenti del caso, anche accedendo in loco (art. 1619).

L’affitto, stante quando riferito, possiede una dimensione eminentemente dinamica che lo differenzia rispetto alla locazione: la fruttuosità del bene non è intrinseca, ma deve in qualche modo dipendere dall’azione pratica dell’affittuario. In questo senso va qualificata come locazione e non come affitto il contratto con il quale viene attribuito il godimento di un capannone industriale nel quale pure viene svolta attività di impresa (rimasta estranea al rapporto), mentre è certamente affitto l’accordo in forza del quale viene attribuito il diritto di fruire di un compendio aziendale. Quando ha termine l’affitto? La legge assume in considerazione diverse eventualità. Anzitutto quando il contratto è stato stipulato a tempo determinato, la scadenza del termine previsto pone fine al rapporto; se invece non è stata predeterminata la durata, ognuna delle parti può recedere (art. 1616).

L’incapacità sopravvenuta o l’insolvenza dell’affittuario sono poi prese in considerazione dall’art. 1626, mentre l’art. 1627 contempla la morte dell’affittuario cui abbia fatto seguito il recesso dell’affittante ovvero degli eredi del primo. È possibile, infine, che le parti abbiano previsto apposita clausola per il caso della vendita del bene (art. 1625). Oggetto del contratto possono essere beni produttivi in generale, un’azienda (art. 2562, che fa rinvio alla normativa prevista per l’usufrutto dell’azienda), fondi rustici.

Proprio in relazione a questi è stata dettata la L. 3 maggio 1982, n. 203 che ha disciplinato in generale la concessione in godimento delle terre, con speciale riferimento alla attitudine alla produzione agricola delle stesse. A tal proposito è fondamentale la distinzione tra rapporti d’affitto con imprenditori che non rivestono la qualifica di coltivatori diretti e contratti stipulati con chi, lavorando il fondo personalmente e anche con l’ausilio della propria famiglia (nei limiti previsti dalla legislazione speciale) riveste in concreto tale qualità. In questo caso il rapporto è contrassegnato da una disciplina vincolata piuttosto stringente: il termine di durata è determinato in anni quindici, rinnovabile tacitamente. Nel caso di vendita del fondo, è assicurato il diritto di prelazione, assistito, nell’ipotesi di violazione, da riscatto.

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