Cass. civile, sez. II del 2008 numero 9274 (09/04/2008)


La disposizione di cui all'art. 463, n. 5, c.c. tutela la libertà di testare del de cuius e dunque il rispetto delle sue ultime volontà. Sono, pertanto, irrilevanti comportamenti riprovevoli posti in essere dall'erede, riprovevoli non già nei confronti del testatore ma verso terzi. Le ipotesi di indegnità di cui all'art. 463, n. 5, c.c.,secondo cui è escluso dalla successione come indegno chi ha soppresso, celato o alterato il testamento dal quale la successione sarebbe stata regolata, rientra tra quelle dirette a ledere la libertà di testare. Occorre, quindi, un comportamento che abbia impedito il realizzarsi delle ultime volontà del de cuius per avere celato un testamento valido ed efficace destinato a regolare la successione. È necessario, in altri termini, che tale comportamento abbia inciso sul piano causale sul testamento del de cuius cosicché la successione sia stata regolamentata secondo modalità non conformi alla volontà espressa dal testatore nel testamento celato. Deve, pertanto, escludersi l'applicazione della norma, quando l'esistenza del testamento non può essere occultata, perché redatto in forma pubblica, e quando colui contro il quale si rivolge l'accusa d'indegnità sia il successore legittimo e l'erede ivi designato.

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