Cass. civile, sez. II del 1975 numero 3655 (29/10/1975)


L' amministratore di un condominio, ai sensi dell' art. 1131 cod. civ., ha la rappresentanza dei partecipanti e può, quindi, agire a tutela di un interesse comune, sia contro i condomini sia contro i terzi, soltanto nei limiti delle attribuzioni stabilite dall' art. 1130 cod. civ.; pertanto, quando la rappresentanza attiva esula dalla sfera di dette attribuzioni, essa deve essere necessariamente sorretta da apposita investitura, deliberata dall' assemblea condominiale. Alla stregua di detti principi, è da ritenere che l' amministratore sia legittimato ad agire in giudizio senza alcuna autorizzazione, nei confronti dei singoli condomini al fine: a) di eseguire le deliberazioni dell' assemblea e di curare l' osservanza dei regolamenti di condominio; b) di disciplinare l' uso delle cose comuni, così da assicurarne il miglior godimento a tutti i condomini; c) di riscuotere dai condomini inadempienti il pagamento dei contributi determinati in base allo stato di ripartizione approvato dall' assemblea; d) di compiere, infine, gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell' edificio. Quando l' oggetto della causa esorbita dai limiti anzidetti e incide, invece, su obblighi o diritti esclusivi dei singoli condomini, la rappresentanza di diritto dell' amministratore deve essere senz' altro esclusa.

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