Cass. civile, sez. II del 2014 numero 4934 (03/03/2014)


Nell'interpretazione dei contratti di compravendita immobiliare, ai fini della determinazione della comune intenzione delle parti circa l'estensione dell'immobile compravenduto, i dati catastali, emergenti dal tipo di frazionamento approvato dai contraenti e allegato all'atto notarile trascritto, e l'indicazione dei confini risultante dal rogito assurgono al rango di risultanze di pari valore. Pertanto, le piante planimetriche allegate ai contratti aventi a oggetto immobili fanno parte integrante della dichiarazione di volontà, quando a esse i contraenti si siano riferiti nel descrivere il bene, e costituiscono mezzo fondamentale per l'interpretazione del negozio, salvo, poi, al giudice di merito, in caso di non coincidenza tra la descrizione dell'immobile fatta in contratto e la sua rappresentazione grafica contenuta nelle dette planimetrie, il compito di risolvere la "quaestio voluntatis" della maggiore o minore corrispondenza di tali documenti all'intento negoziale ricavato dall'esame complessivo del contratto. Da ciò segue che, il giudice del merito - chiamato a interpretare la volontà negoziale in un contratto di trasferimento di bene immobile - è tenuto a utilizzare il tipo di frazionamento e la planimetria catastale ai quali le parti abbiano posto univoco riferimento, onde, in caso di configurazione di dati contrattuali configgenti con tali documenti, egli deve risolvere la "quaestio voluntatis" in base all'esame complessivo del contratto stesso (e, quindi, valorizzando adeguatamente anche le risultanze planimetriche formanti parte integrante del rogito di provenienza), offrendo una motivazione che risponda ai requisiti di logicità e sufficienza (per potersi sottrarre al controllo in sede di legittimità).

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