Il fenomeno della successione a causa di morte in genere



La morte di una persona fisica pone per il diritto una serie di effetti di notevole rilievo. Se si concentra l'attenzione sulle conseguenze giuridiche aventi carattere patrimoniale, viene in esame il fenomeno successorio, che designa il subingresso di uno o più soggetti nella titolarità delle situazioni giuridiche soggettive tanto attive quanto passive che già facevano capo al de cuius (espressione che per l'appunto fa riferimento a tale meccanismo: de cuius successione agitur ). E' infatti di tutta evidenza che il venir meno della persona (prescindendo dall'estinzione di alcuni rapporti e situazioni che non potrebbero, stante la stretta inerenza ad una specifica persona, continuare: es. il matrimonio, il diritto di abitazione, il rapporto che scaturisce dal contratto di lavoro subordinato) pone con urgenza il nodo costituito dalla vacanza di un complesso di diritti, di obbligazioni, di aspettative che non potrebbe rimanere tale senza pregiudizio anche generale. A ciò sovviene la legge, essendo stato allestito un articolato sistema di norme che variamente provvedono a disciplinare la materia, sinteticamente definibile anche come "successione a causa di morte". Occorre al proposito compiere alcune precisazioni terminologiche dalla portata pratica non irrilevante. Con la locuzione "successione" (che meglio sarà messa a fuoco in sede di disamina specifica) si intende il subentrare di un soggetto ad un altro nella medesima situazione giuridica soggettiva nota1.

Tuttavia si danno ipotesi in cui non tanto si registra l'invarianza del diritto che passa da un soggetto all'altro, quanto l'insorgenza di un diritto nuovo, per l'innanzi non esistente, che trae origine dalla morte di un soggetto. Si parla al riguardo di acquisti jure proprio e non jure hereditario. Anche questo tema sarà indagato separatamente. Inoltre il "succedere" di un soggetto ad un altro in un diritto postula il mantenimento dell'identità di detto diritto, che cioè esso permanga eguale anche mutando il titolare nota2.

Premesse queste notazioni, è il caso di sottolineare come il fenomeno della successione mortis causa debba fare i conti con una pluralità di interessi potenzialmente divergenti nota3. Al di là del generico riferimento alla sistemazione della situazione giuridica del defunto, ciò che corrisponde in senso negativo all'esigenza del tutto generale di evitare la vacanza di situazioni giuridiche soggettive, viene anzitutto in considerazione l'interesse del disponente di poter beneficiare coloro ai quali è legato (o comunque di provvedere alla sorte di un'attività). Si pensi poi ai familiari del de cuius, ai parenti entro il grado previsto dalla legge. Assolutamente rilevante è ancora l'apertura della successione per coloro che vantassero crediti nei confronti del defunto, la cui aspettativa, come è intuibile, è quella di essere soddisfatti con prevalenza rispetto agli eventuali beneficiati. Infine la morte di un individuo non è indifferente neppure per lo Stato, il quale vanta un autonomo interesse alla tassazione del trasferimento di ricchezza che ha luogo quando l'eredità sia attiva (cfr., da ultimo, il D.L. 3 ottobre 2006, n.262 convertito con modificazioni dalla Legge 24 novembre 2006, n.286 che ha sostanzialmente reitrodotto, sia pure con un sistema di franchigie per il coniuge ed i parenti prossimi, l'imposta di successione e donazione già abrogata dalla Legge 383/01. Si veda, in relazione all'assoggettamento a coacervo del valore delle donazioni effettuate nel predetto periodo di totale esenzione, Cass. Civ., Sez. V, 11677/2017). Tale operazione di sommatoria non può invece avere applicazione tra la massa delle liberalità donative e quella del relictum (cfr. Cass. Civ., Sez. V, 24940/2016; Cass. Civ. Sez. V, 22738/2020).

Il mutevole combinarsi del soddisfacimento di queste istanze ha dato vita nel tempo ad una altrettanto variabile disciplina e rilevanza del fenomeno successorio. Senza voler tentare una prospettiva storica che esula dalla portata di questo lavoro, è possibile rammentare la diversa considerazione della figura del coniuge che ha condotto il legislatore del 1975 a mutare il contenuto dell'attribuzione ab intestato che è passata dal semplice usufrutto di una quota dei beni del de cuius ad una quota in proprietà piena. D'altronde all'incremento della ricchezza individuale nel nostro Paese (ove la diffusione della proprietà immobiliare ha assunto una orizzontalità sconosciuta in altre esperienze) non ha fatto riscontro una proporzionale valorizzazione dell'utilizzo dello strumento testamentario e dello sviluppo del diritto delle successioni, in considerazione di un sistema di tassazione che induceva il reperimento di strumenti alternativi. Si pensi all'utilizzo dello strumento societario allo scopo di sostanzialmente trasferire anche ingenti patrimoni semplicemente cedendo le quote dell'ente, alla c.d. "esterovestizione", alla fruizione dei servizi di società fiduciarie, alla recente (seppure ancora non diffusa) possibilità di istituire un trust. E' peraltro vero che le innovazioni da ultimo introdotte nel sistema fiscale, con la sostanziale riduzione dell'imposta sulle successioni e donazioni (stante la cospicua franchigia in riferimento alla posizione del coniuge e dei discendenti) e con la correlativa limitazione (in un primo tempo abrogata, ma successivamente reintrodotta) della regola del coacervo (in base alla quale si deve sommare il valore di quanto donato in vita dal de cuius con quanto da costui lasciato a titolo di eredità allo scopo di applicare l'appropriata aliquota, progressivamente crescente, su quest'ultima parte) condurrà sicuramente in un arco temporale di medio periodo ad una valorizzazione dello strumento successorio a causa di morte, restituendo ad esso l'antica importanza.

Occorre a questo punto dar conto, sia pure in maniera assolutamente sintetica, di alcune linee di orientamento del sistema normativo.
Da questo punto di vista giova rilevare come l'ordinamento non permette di disporre dei beni a causa di morte in modo assolutamente libero. Se l'ereditando lascia figli, coniuge o i genitori costoro sono comunque variamente attributari della c.d. legittima, vale a dire di una quota predeterminata del patrimonio del defunto, a protezione dell'aspettativa di costoro in ordine alla prossimità del vincolo che li lega all'ereditando. La forza di questo diritto dei legittimari è tale da consentire l'impugnazione con l'azione di riduzione (non rinunziabile nel tempo che precede la morte dell'ereditando) non soltanto delle disposizioni testamentarie che risultassero lesive, ma anche degli atti di liberalità posti in essere in vita dal de cuius (atti che ben potrebbero essere stati perfezionati decenni prima della data di apertura della successione) nota4. Ciò premesso, il fenomeno successorio può essere regolato o in considerazione delle disposizioni di ultima volontà dettate dall'ereditando o, in mancanza anche parziale di esse, dalla legge, la quale pone articolati criteri di attribuzione che considerano il grado parentale di prossimità con il defunto, da ultimo contemplando la successione in favore dello Stato. Si diceva nelle premesse dell'interesse dei creditori: ebbene, di costoro la legge si preoccupa consentendo la c.d. separazione dei beni del defunto da quelli dell'erede, ciò che vale a scongiurare l'eventualità in cui essi abbiano a subire il concorso sui beni dell'asse ereditario dei creditori dell'erede a cagione della confusione dei patrimoni che ha ordinariamente luogo per effetto dell'accettazione dell'eredità. Fenomeno per qualche aspetto inverso può essere considerato il beneficio di inventario, in forza del quale un analogo effetto di esclusione della confusione si produce allo scopo di impedire, in caso di incapienza dei beni dell'eredità, che dei debiti ereditari debba rispondere con le proprie attività patrimoniali l'erede.

E' infine possibile parlare del fenomeno successorio sotto il profilo diacronico: da questo punto di vista una volta apertasi la successione, la chiamata scaturente dalla legge o dal testamento si specifica nella vocazione e nella delazione. Salvo quanto si dirà specificamente, si può riferire di come la prima, secondo una terminologia utilizzata dagli interpreti, venga a designare l'aspetto soggettivo della chiamata, cioè l'individuazione dei soggetti che subentrano al de cuius mentre la seconda (la delazione) valga ad identificare l'oggettività della concreta offerta dei cespiti ereditari, tale cioè da consentire, con l'accettazione, l'acquisto della qualità di erede. Tale distinzione, di notevole importanza per comprendere la dinamica di acquisto dell'eredità e la natura dei poteri di chi sia designato a succedere, sarà fondamentale per comprendere la posizione giuridica di nascituri, chiamati sotto condizione sospensiva, chiamati ulteriori, etc. nota5.

Note

nota1

Nicolò, voce Successioni nei diritti, in N.mo Dig.it., p. 606.
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nota2

Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 2002, p. 95.
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nota3

La morte dell'individuo determina il sorgere di quella che è stata definita l'esigenza negativa che un patrimonio non resti privo di titolare, onde evitare, da un lato, lotte e perturbamenti sociali per l'apprensione dei beni relitti dal de cuius, ed escludere, dall'altro, una pericolosa precarietà di tutti i rapporti obbligatori, la cui continuazione deve essere garantita anche nel caso di morte di uno dei soggetti del rapporto (Cicu, Successioni per causa di morte. Parte generale: delazione ed acquisto dell'eredità. Divisione ereditaria, in Tratt.dir.civ. e comm., diretto da Cicu-Messineo, vol. XII, Milano, 1961, p. 7). L'individuazione di questa esigenza "negativa" lascia tuttavia completamente aperto il problema del modo con cui provvedervi, dal momento che il suo soddisfacimento potrebbe avvenire con soluzioni tra loro profondamente diverse e tra le quali ciascun ordinamento è chiamato a scegliere in base a valutazioni di carattere eminentemente politico (Grosso-Burdese, Le successioni. Parte generale, in Tratt.dir.civ.it., diretto da Vassalli, vol.XII, t.1, Torino, 1977, p. 2).
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nota4

Palazzo, Le successioni, in Tratt.dir.priv., a cura di Iudica-Zatti, vol.II, Milano, 2002, p. 2.
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nota5

Capozzi, Successioni e donazioni, Milano, 2002, p. 14.
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Bibliografia

  • CAPOZZI, Successioni e donazioni, Milano, 2002
  • NICOLO’, Successione nei diritti, N.sso Dig.it., XVIII, 1971
  • PALAZZO, Le successioni, Milano, Tratt.dir.priv. cura Iudica e Zatti , II, 2000
  • SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 2002

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