Circolare N. 28/E, Imposta sulle successioni e donazioni, vincoli di destinazione, negozio fiduciario


Roma, 27 marzo 2008

Oggetto: Imposta sulle successioni e donazioni - Vincoli di destinazione - Negozio fiduciario

1. Premessa

A seguito delle istruzioni fornite con circolare del 22 gennaio 2008, n. 3, in materia di imposta sulle successioni e donazioni, sono stati chiesti ulteriori chiarimenti in ordine al trattamento da riservare ai fini delle medesime imposte alla costituzione di vincoli di destinazione ed, in particolare, ai cosiddetti negozi fiduciari.
Come noto, l'articolo 2, comma 47, del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, e successive integrazioni e modificazioni, in sede di disciplina della nuova imposta sulle successioni e donazioni, ha previsto in particolare che "È istituita l'imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione …".
L'ambito applicativo dell'imposta sulle successioni e donazioni è stato ampliato rispetto alla precedente disciplina, la quale stabiliva che detta imposta si applicava ai soli trasferimenti di "beni e diritti per successione a causa di morte ed ai trasferimenti di beni e diritti per donazione o altra liberalità tra vivi.".
Di conseguenza, attualmente l'imposta sulle successioni e donazioni trova applicazione con riferimento:
  • ai trasferimenti di beni e diritti per causa di morte;
  • ai trasferimenti di beni e diritti per donazione;
  • ai trasferimenti di beni e diritti a titolo gratuito;
  • alla costituzione di vincoli di destinazione.
Ciò premesso sotto il profilo generale, rispetto alla disciplina previgente, il legislatore ha incluso nel campo di applicazione dell'imposta due nuove fattispecie, gli atti gratuiti non donativi ed i vincoli di destinazione, in ordine alle quali si osserva quanto segue.

2. Il nuovo ambito di applicazione dell'imposta sulle successioni e donazioni: i vincoli di destinazione

Con la circolare 3/E del 2008 è stato chiarito che, in linea generale, per vincoli di destinazione si intendono tutti " … i negozi giuridici mediante i quali determinati beni sono destinati alla realizzazione di un interesse meritevole di tutela da parte dell'ordinamento, con effetti segregativi e limitativi della disponibilità dei beni medesimi". In alcuni casi, unitamente all'effetto segregativo, "il vincolo implica anche il trasferimento di beni ad un soggetto diverso dal disponente".
Questa distinzione non è priva di rilievo ai fini fiscali, in quanto "Le diverse modalità (traslativa e non) con cui l'effetto segregativo viene conseguito rilevano ai fini dell'applicazione delle imposte indirette.".
Con la medesima circolare, in particolare al paragrafo n. 5, è stato precisato, tra l'altro, che proprio alla luce della nuova disciplina di cui al citato articolo 2, comma 47, del D.L. 262 del 2006 "La costituzione di un vincolo di destinazione avente effetto traslativo, sia essa disposta mediante testamento ovvero effettuata per atto inter vivos, è soggetta all'imposta sulle successioni e donazioni. La fattispecie negoziale in esame si sostanzia in un atto dispositivo a titolo gratuito che, privo dello spirito di liberalità proprio delle donazioni, è preordinato non all'arricchimento del destinatario dei beni, ma essenzialmente alla costituzione di un vincolo di destinazione sui beni oggetto di trasferimento. Di regola l'attribuzione dei beni avviene contestualmente alla costituzione del vincolo. In tal caso l'attribuzione dei beni darà luogo all'applicazione dell'imposta sulle successioni e donazioni"

3. Il nuovo ambito di applicazione dell'imposta sulle successioni e donazioni: i negozi fiduciari

Ciò posto con riferimento ai vincoli di destinazione, espressamente menzionati dalla legge, qualche chiarimento merita invece l'inclusione, affermata dalla Circolare 3 del 2008, del negozio fiduciario nel campo di applicazione della nuova imposta sulle successioni e donazioni.
Come la scrivente ha avuto più volte modo di chiarire (si veda, in particolare, Atto Camera - C.F. - del 29 luglio 2004 n. 5-03395 - Risposta del Governo ad interrogazione dell'on. Benvenuto), con l'espressione "negozio fiduciario" può farsi riferimento a fattispecie tra loro diverse, per le quali vige un differente trattamento fiscale.
Il negozio fiduciario in genere è un contratto atipico, mediante il quale un soggetto (fiduciante) trasferisce ad un altro (fiduciario) un diritto o la mera legittimazione al relativo esercizio, sulla base di un accordo (il cosiddetto pactum fiduciae) che vincola le parti, stabilendo modalità, tempi, condizioni di esercizio del diritto e che fissa principalmente lo scopo che il fiduciario si impegna a realizzare.
Nel sistema sono di norma conosciuti due modelli di fiducia, quella cosiddetta "romanistica" e quella "germanistica".
Nella fiducia di tipo germanistico, si verifica una semplice scissione tra titolarità formale del diritto (che resta in capo al fiduciante) e legittimazione al relativo esercizio (che fa capo, invece, al fiduciario).
Nella fiducia di tipo romanistico, invece, si verifica un vero e proprio trasferimento del diritto dal fiduciante al fiduciario, con ciò realizzandosi un effetto traslativo voluto dalle parti, anche se limitato, nei rapporti interni, dal contenuto del pactum fiduciae.
Ciò premesso sotto il profilo generale, la distinzione tra fiducia romanistica e fiducia germanistica non è priva di rilievo dal punto di vista fiscale, soprattutto ai fini dell'applicazione della nuova imposta sulle successioni e donazioni.

3.1. La fiducia germanistica: l'intestazione fiduciaria di azioni e quote

Il modello della fiducia germanistica trova applicazione, secondo le ricostruzioni della dottrina maggioritaria, nei casi di intestazione fiduciaria di titoli azionari e quote di partecipazione societaria.
Tenuto conto della natura dei beni in esame (azioni e valori mobiliari in genere) e delle rispettive regole di circolazione, infatti, ha trovato ingresso nel nostro ordinamento il principio della separazione, realizzata attraverso il negozio fiduciario, della titolarità del diritto di proprietà rispetto alla legittimazione al relativo esercizio.
Al modello cosiddetto germanistico, in particolare, si è ispirato il legislatore fin dal momento in cui ha dettato la disciplina delle "società fiduciarie" che l'articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966 definisce come "quelle che, comunque denominate, si propongono sotto forma di impresa di assumere l'amministrazione dei beni per conto dei terzi, l'organizzazione e la revisione contabile di aziende e la rappresentanza dei portatori di azioni e di obbligazioni".
Anche attraverso norme di legge successive, il legislatore ha confermato che nei casi di intestazione fiduciaria di azioni e titoli in genere, la proprietà del bene (in capo al fiduciante) è separata dalla legittimazione all'esercizio (in capo alla fiduciaria), imponendo alle società fiduciarie una serie di obblighi concernenti principalmente la comunicazione delle generalità degli effettivi proprietari dei titoli fiduciariamente intestati. A mero titolo di esempio, si ricordano l'articolo 1, ultimo comma, del R.D. 29 marzo 1942, n. 239 secondo il quale "le società fiduciarie che abbiano intestato a proprio nome titoli azionari appartenenti a terzi sono tenute a dichiarare le generalità degli effettivi proprietari dei titoli stessi" o ancora l'articolo 9, comma 1, della legge 29 dicembre 1962, n. 1745, ai sensi del quale "le società fiduciarie devono comunicare…i nomi degli effetti proprietari delle azioni ad esse intestate ed appartenenti a terzi…".
Anche la giurisprudenza maggioritaria si è orientata in tal senso, ora richiamando il modello della fiducia germanistica nel caso delle intestazioni fiduciarie dei titoli, ora basandosi su quelle esplicite disposizioni di legge che riconoscono quale effettivo proprietario il fiduciante; ciò in particolare ha portato i giudici ad affermare che "la proprietà della società fiduciaria, pur non potendosi dire fittizia, viene ad assumere, pur tuttavia, connotazione meramente "formale" mentre il fiduciante, nonostante la formale intestazione del bene alla fiduciaria ne conserva la proprietà "sostanziale" ed è quindi in grado di disporne direttamente, senza necessità di alcun formale ritrasferimento dei titoli da parte delle società" (Cass. 14 ottobre 1997, n. 10031) o ancora che "nella società fiduciaria, i fiducianti.. vanno identificati come gli effettivi proprietari dei beni da loro affidati alle società ed a queste strumentalmente intestati" (così anche Cassazione, SSUU, 21 maggio 1999, n. 4943. Diffusa è questa affermazione anche in sede di giurisprudenza di merito, per la quale, si veda, per tutte, Trib. Trani, 29 settembre 2003).

3.2. La fiducia romanistica: i negozi fiduciari aventi ad oggetto beni immobili

Ben diverso è il caso del negozio fiduciario avente ad oggetto immobili, in quanto, stante la natura peculiare dei beni e le relative regole di circolazione, non è configurabile la medesima scissione della proprietà "formale" rispetto alla proprietà "sostanziale", come ricostruita nel paragrafo precedente a proposito dell'intestazione fiduciaria di azioni e titoli.
Al riguardo, infatti, occorre tenere conto delle regole che concernono tanto i requisiti di forma del contratto, prescritti dal codice civile, quanto soprattutto gli adempimenti pubblicitari connessi alla circolazione dei beni immobili.
In base al combinato disposto degli articoli 1350, 2643 e 2657 del codice civile, i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili devono rivestire a pena di nullità la forma dell'atto pubblico o della scrittura privata e devono essere resi pubblici col mezzo della trascrizione. In assenza della trascrizione, infatti, il contratto che trasferisce la proprietà di beni immobili non ha effetto nei riguardi di terzi.
Per i beni immobili, pertanto, non vale lo stesso principio previsto, in generale, per gli altri beni dall'articolo 1153 c.c. il quale introduce il cd principio del "possesso vale titolo", in base al quale il possesso dei beni consente, ove ricorrano i presupposti di legge (buona fede e idoneità del titolo al trasferimento della proprietà), la legittimazione all'esercizio dei diritti spettanti al proprietario.
Nel caso dei negozi fiduciari aventi ad oggetto beni immobili, stante l'impossibilità di ricorrere alla cosiddetta fiducia germanistica, il modello di riferimento non può essere che quello della fiducia romanistica, nella quale si verifica un vero e proprio trasferimento del bene dal fiduciante al fiduciario, seppur limitato, tra le parti dal pactum fiduciae.
Pertanto, ferma restando la volontarietà del trasferimento che distingue il negozio simulato da quello fiduciario, quest'ultimo si caratterizza per la combinazione di due distinti effetti, l'effetto reale, valevole nei confronti dei terzi (che consiste in un vero e proprio trasferimento del diritto su di un bene dal fiduciante al fiduciario) e l'effetto obbligatorio, interno al rapporto tra fiduciante e fiduciario (cd pactum fiduciae).
Ciò posto, sotto il profilo fiscale assume particolare rilievo il prodursi di un effetto reale, consistente, come premesso, nell'effettivo trasferimento del bene immobile, il quale, a sua volta, implica che siano stati rispettati i requisiti di forma previsti dal codice civile per i contratti aventi ad oggetto immobili e che siano stati assolti gli oneri pubblicitari.
Ai fini dell'imposizione indiretta, pertanto, il negozio fiduciario avente ad oggetto immobili può rilevare sotto un duplice aspetto:
  • in funzione della gratuità del trasferimento;
  • o, in alternativa, in funzione della eventuale idoneità del negozio stesso a costituire un vincolo di destinazione.
A prescindere, infatti, dalla possibilità di individuare nel negozio fiduciario, così strutturato, un atto idoneo a costituire un vincolo di destinazione (questione tutt'ora allo studio della stessa dottrina di diritto civile), in ogni caso si realizza un vero e proprio trasferimento a titolo gratuito del bene dalla sfera giuridica del fiduciante a quella del fiduciario, con ciò restando indubbio l'inquadramento dell'atto nell'ambito applicativo della nuova imposta sulle successioni e donazioni.
Infine, si ricorda che la successiva attribuzione del bene immobile dalla società fiduciaria al fiduciante ovvero ad un terzo indicato da quest'ultimo, sulla base del contenuto del pactum fiduciae così come è stato precisato nella circolare n. 3 del 2008 (paragrafo 5.2) è soggetta "… ad autonoma imposizione, a seconda degli effetti giuridici prodotti, indipendentemente da ogni precedente imposizione.".

4. Atti a titolo gratuito

Come si è anticipato, rispetto alla precedente formulazione della normativa riguardante l'imposta sulle successioni e donazioni, la disciplina dettata dall'articolo 2, comma 47, del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, e successive integrazioni e modificazioni, prevede che ai fini dell'imposta sulle successioni e donazioni rilevano anche i trasferimenti a titolo gratuito di beni.
Pertanto, premesso che le donazioni e le liberalità costituiscono una species del genus atti a titolo gratuito e, in quanto tali, assoggettate all'imposta in trattazione, si precisa che tra gli atti a titolo gratuito sono ricompresi tutti i trasferimenti di beni e diritti privi dell'animus donandi, ossia della volontà del donante di arricchire il donatario con contestuale suo impoverimento.
Rientrano, ad esempio, nella categoria degli atti a titolo gratuito gli atti costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresa la rinuncia pura e semplice agli stessi, qualora la causa dei tali atti non sia costituita da una controprestazione economicamente rilevante (in proposito si veda anche la risoluzione n. 25 del 16 febbraio 2007).
Le Direzioni Regionali vigileranno affinché i principi enunciati nella presente circolare vengano applicati con uniformità.

Allegati:
L'Amministrazione finanziaria torna sul nuovo ambito applicativo dell'imposta sulle successioni e donazioni in relazione ai negozi fiduciari

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