Proventi dell'attività separata svolta da ciascun coniuge in regime di comunione legale. Comunione de residuo. (Cass. Civ., Sez. I, ord. n. 16993 del 14 giugno 2023)

Ai sensi dell'art. 177, comma 1, lett. c), cod.civ., i proventi dell'attività separata svolta da ciascuno dei coniugi cadono nella comunione differita o de residuo ove non consumati, anche per fini personali, in epoca precedente allo scioglimento della comunione e, quindi, anche se non ancora percepiti al momento dello scioglimento della comunione e ancora non esigibili, in difetto di previsione in tal senso, purché costituiscano il corrispettivo di prestazioni o del godimento di beni relativi al periodo di vigenza della comunione legale; tra essi sono compresi i crediti che il professionista vanta verso clienti per prestazioni già eseguite e non ancora pagate.

Commento

(di Daniele Minussi)
Premesso che la comunione c.d. "de residuo" è quella comunione che si instaura non già nel corso della vita dei coniugi manette comunione, bensì su quanto avanza nel momento in cui la detta comunione cessa per qualsiasi causa: morte, divorzio, separazione personale, in essa ricadono i cespiti di cui all'art. 177 c) cod.civ. quand'anche si tratti di proventi non ancora incassati (addirittura non esigibili) al tempo del venir meno della comunione. Ciò che conta, ai fini della ricomprensione di essi nella comunione de residuo, è unicamente che siano riferibili cronologicamente a prestazioni (o al godimento di beni) eseguite nel tempo di sussistenza della comunione.

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