Non è detto che una società in nome collettivo debba esercitare un'attività commerciale. Ci si domanda, nel detto caso, se ancora debba il soggetto incapace dotarsi, allo scopo di mantenere o di assumere la qualità di socio, della preventiva autorizzazione di cui all'ar.2294 cod. civ. . La necessità di essa pare infatti essere strettamente correlata alla possibilità di fallimento dell'ente commerciale (nonchè del socio, in estensione), ciò che sarebbe da escludere quando l'attività svolta non avesse natura commerciale (es.: impresa agricola). In prevalenza la dottrina esclude la necessità della detta autorizzazione proprio per tale motivo
nota1.
In senso contrario è stato tuttavia osservato che l'autorizzazione dovrebbe essere richiesta anche quando la società possa svolgere anche solo in concreto un'attività non commerciale "perchè, non essendo richiesto un controllo sugli atti che la società compie, non sarebbe possibile proteggere l'incapace dalle conseguenze che possono derivare dalla natura (commerciale o no) che la società svolge"
nota2. L'argomento appare condivisibile. A tal proposito giova rilevare che la determinazione dell'oggetto sociale non ha alcun rapporto con la capacità giuridica della società in relazione all' attività posta in essere dai legali rappresentanti della stessa. Ne discende, secondo il parere prevalente, la piena validità ed efficacia degli atti, ancorchè esorbitanti rispetto alle previsioni statutarie.
Si aggiunga che l'art.
2294 cod. civ. prevede che "in ogni caso" la partecipazione dell'incapace a società in nome collettivo sia subordinata all'ottenimento della speciale autorizzazione all' esercizio dell' impresa. Il significato della locuzione "in ogni caso" è di per sè discutibile. Ad essa può essere conferita una valenza meramente storica
nota3 oppure un'accezione oggettiva legata alla formulazione testuale. Si è così sostenuto, tra le altre opinioni, che
"in ogni caso" starebbe ad indicare sia l'ipotesi di costituzione ex novo, sia quella della continuazione della società nota4. Questa impostazione pare da respingere perchè, a seconda di quale sia il termine da connettere alla "continuazione" (attività d'impresa o società), essa o si pone in contrasto con la ratio della normativa recepita dall' art.
2294 cod. civ. o si palesa del tutto inutile, risolvendosi nella semplice reiterazione del requisito prescritto dalle norme richiamate. L'espressione rinviene, piuttosto, un senso conforme alla propria ragione di tutela della posizione dell'incapace se si conclude per
l'indispensabilità del provvedimento ogniqualvolta l'incapace partecipi a società in nome collettivo (o a società in accomandita semplice quale accomandatario),
indipendentemente dalla natura commerciale nota5 o meno dell' attività costituente l'oggetto sociale e dalla posizione di responsabilità assunta dal socio incapace nota6 .
Note
nota1
Ferri, Delle società, in Comm. cod. civ., a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1955, p. 377; così anche Iannuzzi, Manuale di volontaria giurisdizione, Milano, 2000, p. 478, il quale rileva che, in questo caso, sarà necessario richiedere le specifiche autorizzazioni per ogni atto di straordinaria amministrazione; Minervini, L'imprenditore: fattispecie e statuti, Napoli, 1966, p. 202; Graziani, Partecipazioni di incapaci a società commerciali, in Dir. e giur., 1946, p. 316; contra: Ferrara Jr.-Corsi, Gli imprenditori e le società, Milano, 1987, pp. 231 e ss., tuttavia sulla scorta della medesima ratio che, secondo l' A., imporrebbe l' autorizzazione per la società semplice.
top1 nota2
In tal senso Di Sabato, Manuale delle società, Torino, 1988, p. 56.
top2nota3
Cfr. Graziani, op. cit., p. 316, il quale riconnette l'espressione ai dubbi che si agitavano sotto il vigore del codice di commercio, il cui art. 12 prescriveva l'autorizzazione solo per l'esercizio dell'impresa individuale. Si veda anche Buonocore-Castellano-Costi, Società di persone, in Casi e materiali di diritto commerciale, vol. I, p. 694, ove si da conto del parere che riconnette all' espressione di cui all'art. 2294, cod. civ., significato dirimente in ordine all' ipotesi di clausola di continuazione c.d. obbligatoria. Sull'efficacia di quest' ultima cfr. Cass. Civ. Sez. I,
1311/68, in Dir. fall., 1969, vol. II, p. 69. In relazione a tale clausola Ferri esprime il proprio dubbio sulla necessità dell' autorizzazione ex art. 2294, cod. civ., essendo la partecipazione un obbligo e non un diritto per il socio subentrando (Ferri, op. cit. p. 377).
top3nota4
Ferri, op. cit., p. 376, anche se, a rigore, l' A. non specifica a che cosa si riferisce il termine continuazione.
top4nota5
Così, ma in base a diversi argomenti, R. Ferrario, La partecipazione dei minori e degli incapaci alle società, in Riv. not. 1962, vol. I, p. 260; Auletta, Capacità all'esercizio dell'impresa commerciale, in Enc. dir., vol. VI, 1960, p. 115.
top5nota6
Occorre precisare che, ex II comma art.
2291 cod. civ., per la società in nome collettivo, a differenza di quanto previsto dall'art.
2267 cod. civ. , per la società semplice, la limitazione di responsabilità che pure fosse pattuita in favore dell'incapace, avrebbe valenza meramente interna.
top6Bibliografia
- AULETTA, Capacità all'esercizio dell'impresa commerciale, Enc.dir., VI, 1960
- BUONOCORE CASTELLANO COSTI, Società di persone, Milano, Casi e materiali di diritto commerciale, 1980
- DI SABATO, Manuale delle società, Torino, 1988
- FERRARA JR.-CORSI, Gli imprenditori e le società, Milano, 1987
- FERRARIO R., La partecipazione dei minori e degli incapaci alle società, Riv. not., I, 1962
- FERRI G., Delle società, Bologna-Roma, Comm. cod. civ. a cura di Scialoja-Branca, 1955
- GRAZIANI, Partecipazione di incapaci a società commerciali, Dir. e giur., 1946
- IANNUZZI, Manuale della volontaria giurisdizione, Milano, 2000
- MINERVINI, Limprenditore: fattispecie e statuti, Napoli, 1966