Interesse legittimo



L'interesse legittimo corrisponde ad una situazione giuridica soggettiva propria più del diritto amministrativo che non del diritto privato, valendo a connotare la posizione giuridica del cittadino nei confronti di un ente dotato di poteri autoritativi superiori, a fronte dei quali il primo vanta una situazione prioritariamente basata sul rispetto delle regole che presiedono al corretto esercizio della funzione di cui detti poteri costituiscono l'estrinsecazione.
Sotto questo profilo, quando una norma disciplina un rapporto fra il cittadino ed una Pubblica Amministrazione, il rapporto giuridico che ne scaturisce può attribuire reciproci diritti ed obblighi. In questo caso si definiscono le norme che regolano tali fattispecie come norme di relazione (ad es.: la disciplina del pubblico impiego). Altre volte la normativa non assume in considerazione le posizioni di diritto del cittadino, valendo piuttosto a disciplinare direttamente la condotta della P.A.: si parla in questa ipotesi di norme di azione, disciplinanti cioè, il funzionamento delle pubbliche amministrazioni.
Da queste regole non si ritiene che sorgano per i privati diritti soggettivi, dal momento che essi non ne sono i destinatari.
Risulta tuttavia evidente che tutti i cittadini siano titolari di un interesse indifferenziato (per questo motivo appellato come interesse semplice) al rispetto di ogni norma che sia posta al fine di consentire il corretto funzionamento dell'amministrazione ed alla manifestazione legittima dei poteri della stessa.
Qualora si verificassero violazioni di queste regole ciascun cittadino potrebbe intervenire segnalandole ed attivando gli organi preposti.
In altre eventualità, il rispetto delle regole coinvolge in maniera assai più diretta e specifica il singolo cittadino non in quanto genericamente tale, bensì quale latore di un interesse speciale. Si pensi al candidato di un concorso. Egli non è semplicemente interessato come un qualsiasi cittadino al rispetto della normativa che regola l'espletamento delle prove; è piuttosto portatore di un proprio autonomo interesse a che quel concorso si svolga nel rispetto delle regole.
In queste ipotesi al privato viene riconosciuto dall'ordinamento un più specifico potere di controllo della regolarità della condotta degli organi pubblici ed un correlativo potere di impugnativa degli atti che fossero viziati: si tratta per l'appunto dell' interesse legittimo nota1.
Tra gli interpreti esiste da tempo un certo grado di approssimazione in ordine alla definizione di esso.
Vi è chi parla di interesse legittimo come dell'interesse sottostante ad una situazione in cui la protezione accordata dalla norma è rivolta direttamente ad un interesse generale, essendo protetto l'interesse privato soltanto occasionalmente nota2.
Altri nota3 propongono la riferita dicotomia tra norme di relazione (attributive di diritti soggettivi) e norme di azione (dalle quali desumere un mero interesse legittimo). Si fa menzione anche di diritti soggettivi che, pur essendo tali, sarebbero destinati ad "affievolirsi", degradandosi cioè in meri interessi legittimi a fronte dell'esercizio del potere autoritativo della P.A. nota4.
In ogni caso, quale che sia la definizione di interesse legittimo è sempre presente il dato del diverso rango dei soggetti implicati nel fenomeno: da una parte l'Amministrazione, dotata di poteri autoritativi, dall'altra il cittadino che ne risulta soggetto, ancorchè titolare di una situazione soggettiva che gli garantisca il rispetto delle regole.
Qui non interessa prendere posizione circa tali definizioni. Ciò che invece importa è da un lato osservare che gli artt. 24 , I comma e 113 della Carta Costituzionale sono volti a garantire la tutela giurisdizionale degli interessi legittimi, dall'altro che la rintracciabilità nel diritto privato di questa figura soggettiva è del tutto dubbia. Di interessi legittimi si parla ad esempio per quanto attiene alle posizioni soggettive del singolo socio in relazione alle deliberazioni degli organi collegiali delle società di capitali (Cass. Civ. Sez. I, 4529/97 ).
Distinguere tra diritto soggettivo e interesse legittimo è tuttavia fondamentale anche nell'ambito del diritto civile: si è soliti riferire che soltanto il primo sia tutelabile innanzi alla giurisdizione ordinaria. La lesione del secondo potrà essere prospettata soltanto davanti al giudice amministrativo nota5. Soltanto dalla violazione del diritto soggettivo scaturirebbe inoltre la condanna al risarcimento dei danni, il che non potrebbe avvenire qualora la situazione giuridica soggettiva avesse la consistenza del mero interesse legittimo nota6.
Come è evidente, secondo questa impostazione, il nostro sistema risulterebbe gravato da un'evidente dicotomia che pone il cittadino in una posizione di sudditanza nei confronti della struttura burocratica del Paese, la quale trae ulteriore forza dalla estrema frammentarietà e farraginosità dei procedimenti amministrativi.
Da segnalare è, nell'ambito di questo sistema, la portata potenzialmente eversiva della recente pronunzia della Cass. Civ. Sez. Unite, 500/99 ) che è giunta a ritenere risarcibile secondo le regole ordinarie il danno conseguente alla lesione dell'interesse legittimo.
La Corte, conducendo una disamina relativa all'interpretazione della nozione di danno ingiusto di cui all'art. 2043 cod.civ. nella duplice articolazione non jure = senza supporto di causa di giustificazione; contra jus = lesivo di un diritto soggettivo, ha focalizzato il proprio intervento sull'ultimo tra i due elementi.
Si è rilevato innanzitutto che la stessa area di risarcibilità della lesione del diritto soggettivo sia mutata nel corso degli anni: dall'opinione secondo la quale essa sarebbe stata limitata ai soli diritti assoluti, si è pervenuti a considerare tutelabili (sia pure a determinate condizioni) anche alcuni diritti relativi (c.d. tutela aquiliana del credito). Si è giunti pertanto alla conclusione della centralità della considerazione del requisito dell'ingiustizia come riferito al danno. L'ambito della risarcibilità del danno è dunque costituito dal danno che si qualifica come ingiusto (= non jure ), che si risolve nella lesione di un "interesse rilevante per l'ordinamento". L'art. 2043 cod.civ. viene considerato non più quale norma secondaria che sanzioni condotte vietate da altre norme da qualificarsi primarie, bensì essa stessa come fonte diretta di divieti.

Note

nota1

Si veda Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, Istituzioni di diritto civile, Genova, 1978, p.337. L'interesse legittimo viene descritto nei termini di "un limite determinante la discrezionalità di un comportamento che, in assenza di detto limite, risulterebbe assolutamente libero".
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nota2

Così, tra gli altri, Barbero, Il sistema del diritto privato, Torino, 1993, p.71; Miele, Principi di diritto amministrativo, Padova, 1952, p.56.
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nota3

Torrente-Schlesinger, Manuale di diritto privato, Milano, 1985, p.72.
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nota4

Galgano, Diritto privato, Padova, 1994, p.67, riporta l'esempio della proprietà che, da diritto soggettivo, degrada di fronte al potere amministrativo di espropriazione per pubblica utilità a mero interesse legittimo.
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nota5

Cfr. Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 1996, p.74; Galgano, cit., pp.66 e 68.
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nota6

Si vedano, Bianca, Diritto civile, vol. V, Milano, 1994, p.639; Alessi, L'illecito e la responsabilità civile degli enti pubblici, Milano, 1972, p.73.
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Bibliografia

  • ALESSI, L'illecito e la responsabilità civile degli enti pubblici, Milano, 1972
  • GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2006
  • MIELE, Principi di diritto amministrativo, Padova, 1952

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