Tribunale di Trieste del 2007 (19/09/2007)


Ai conviventi more uxorio non sono riconosciuti diritti connaturati all'esistenza di un rapporto duraturo e stabile. Cionondimeno la tutela della prole e degli assetti patrimoniali nell'interesse degli stessi costituiscono importanti chiavi di interpretazione. Si ritiene che l'assenza di un vincolo parentale e di una situazione di certezza di rapporti giuridici non impediscano di ritenere meritevole lo strumento in questione, ossia il trust, al fine di concedere una tutela, altrimenti inesistente, ai genitori ed ai figli, nati prima o in costanza di questo rapporto di fatto.Nel nome della tutela della prole è possibile anche superare la problematica dei rapporti del trust con la disposizione di cui all'art. 2645 ter c.c..Infatti l'interpretazione dell'art. 2645-ter c.c. che si riferisce a valori di rilevanza primaria o costituzionale conduce a considerare ammissibile una separazione patrimoniale a tutela della famiglia di fatto. Vi sarà meritevolezza rilevante ai fini della separazione qualora l'interesse perseguito sia prevalente rispetto a quello dei creditori e degli aventi causa. La proposta esegetica è quindi quella di rifarsi al sistema costituzionale per l'individuazione dei valori in nome dei quali operare la separazione: beni ed interessi non necessariamente collettivi, purché non meramente patrimoniali; corrispondenti, cioè, a valori della persona costituzionalmente garantiti. Proprio questo valore perseguito, e cioè la tutela della prole familiare, costituisce quel rilevante elemento che aveva indotto la giurisprudenza costituzionale a dichiarare l'incostituzionalità dell'art. 6, L. n. 392/1978, nella parte in cui non prevedeva la successione nel contratto di locazione al conduttore che avesse cessato la convivenza quando vi fosse prole naturale; non a caso lo stesso presupposto - questa volta in negativo - della ricorrenza di figli ha recentemente indotto la stessa corte a negare il diritto alla prosecuzione nel rapporto locatizio al convivente more uxorio in assenza di prole. La dotazione del trust non costituisce atto di liberalità, ma schema di trasferimento causalmente e necessariamente informato al programma negoziale difettando nell'atto di disposizione, e da parte del conferente, qualsiasi intendimento di arricchire il trustee, soggetto che di quel bene non potrà liberamente.

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