Successione testamentaria. Conseguenze della verificazione dell'evento dedotto sotto condizione risolutiva dopo oltre un secolo dall'apertura della successione. (Cass. Civ., Sez. II, ord. n. 28221 del 9 ottobre 2023)

In tema di successione mortis causa, è inefficace la disposizione testamentaria a favore di successibili non identificabili, in quanto essa consentirebbe al testatore di porre, incondizionatamente e senza limitazioni di tempo, un vincolo alla destinazione e alla circolazione dei beni, in contrasto con le esigenze di ordine pubblico.
(In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva riconosciuto la devoluzione allo Stato dell’eredità, dal momento che il ricorrente era figlio di un parente della disponente non ancora in vita al momento dell’apertura della successione).

Commento

(di Daniele Minussi)
Singolarissima vicenda che trae origine dagli effetti di un testamento confezionato nel lontano 1875 mediante il quale la testatrice aveva disposto di cospicuo patrimonio immobiliare devolvendolo ad un costituendo (a quei tempi!) Orfanotrofio femminile (effettivamente eretto in ente morale nel 1876). Il tutto sotto la condizione risolutiva consistente nel fatto che le attività di assistenza fossero svolte esclusivamente sotto la guida di determinate religiose, altresì prevedendo che, nel caso in cui l’Orfanotrofio fosse stato soppresso o ne fosse stata alterata o cambiata la destinazione, il patrimonio sarebbe stato devoluto agli eredi legittimi della testatrice anche a distanza di tempo. In effetti i predetti eventi condizionali si erano successivamente verificati. A questo punto il problema consisteva nell'interpretazione della statuizione in forza della quale i beni avrebbero dovuto essere devoluti agli "eredi legittimi” della testatrice.
Il vero problema è di chiarire entro quali limiti la testatrice potesse disporre in favore di successibili non nominativamente identificati, nè viventi nè concepiti al tempo dell'apertura della successione. Tra l'altro si può rilevare come la normativa vigente al tempo della morte della de cuius (art. 724 cod.civ. del 1865), la capacita’ di succedere per legge competeva solo ai soggetti già concepiti al momento dell’apertura della successione (e che fossero anche nati vitali); i non concepiti potevano ricevere solo per testamento, purchè a tale data figli immediati di una persona vivente (articolo 764 cod.civ.).
Da ciò sareebbe seguita la radicale inefficacia di un’eventuale disposizione testamentaria a favore dell’incapace e l’impossibilità di costui di succedere per legge anche in caso di avveramento della condizione risolutiva apposta alla prima chiamata. In detta ipotesi l’ulteriore chiamato sarebbe infatti considerato erede fino dal momento dell’apertura della successione, dovendo, già a tale data, possedere la capacità di succedere. Nella fattispecie è stata negata in favore del ricorrente, indipendentemente dal grado (settimo, dunque ulteriore rispetto al sesto grado che attualmente costituisce il limite di rilevanza della parentela, mentre sotto il previgente codice il limite era il decimo grado) la devoluzione ereditaria, dovendo di conseguenza reputarsi operativa la norma di chiusura di cui all'art. 586 cod.civ..

Aggiungi un commento