Onere gravante sulla parte intimante ex art. 1454 c.c. e criteri cui deve attenersi il giudice nel valutare la non scarsa importanza dell’inadempimento ai fini della risoluzione del contratto. (Cass. Civ., Sez. II, n. 3477 del 06/03/2012)

In tema di diffida ad adempiere, l’unico onere che, ai sensi dell’art. 1454 c.c., grava sulla parte intimante è quello di fissare un termine entro il quale l’altra parte dovrà adempiere alla propria prestazione, pena la risoluzione ope legis del contratto, poiché la ratio della norma citata è quella di fissare con chiarezza la posizione delle parti rispetto all’esecuzione dei negozio, mercé un formale avvertimento alla parte diffidata che l’intimante non è disposto a tollerare un ulteriore ritardo nell’adempimento.
In tema di contratti a prestazioni corrispettive, la diffida ad adempiere ha lo scopo di realizzare, pur in mancanza di una clausola risolutiva espressa, gli effetti che a detta clausola si ricollegano e, cioè, la rapida risoluzione del rapporto mediante la fissazione di un termine essenziale nell’interesse della parte adempiente, cui è rimessa la valutazione di farne valere la decorrenza e che può rinunciare ad avvalersi della risoluzione già verificatasi.
La non scarsa importanza dell’inadempimento, che, nel giudizio di risoluzione del contratto con prestazioni corrispettive, deve essere verificata anche di ufficio dal giudice, trattandosi di elemento che attiene al fondamento stesso della domanda, deve essere accertata non solo in relazione alla entità oggettiva dell’inadempimento, ma anche con riguardo all’interesse che l’altra parte intende realizzare e sulla base di un criterio, quindi, che consenta di coordinare il giudizio sull’elemento oggettivo della mancata prestazione, nel quadro dell’economia generale del contratto, con gli elementi soggettivi e che, conseguentemente, investa, specie nei casi di inadempimento parziale, anche le modalità e le circostanze del concreto svolgimento del rapporto.

Commento

(di Daniele Minussi)
Che la diffida ad adempiere abbia la finalità di porre in essere una situazione affine a quella che si produce in riferimento all'attivazione della clausola risolutiva espressa (sul punto si veda anche Cass. Civ., sez. III, 23315/2007) è banale. Si tratta infatti di ipotesi riconducibili (come quella, ulteriore, del decorso del termine essenziale) alla risoluzione di diritto per inadempimento, la quale opera automaticamente.
Meno banale è osservare come la diffida ad adempiere ponga in primo piano la valutazione del giudice circa la non lieve entità della condotta inadempiente dell'obbligato, ciò che è precluso in tema di clausola risolutiva espressa. Quest'ultima infatti predetermina la condotta inadempiente che conduce alla risoluzione, cristallizzando la rilevanza soggettiva della condotta del debitore.

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