Divisione convenzionale, pluralità di provenienze e trattamento tributario. L’aliquota propria della divisione pari all’1% non può essere applicata quando l'atto divisionale abbia ad oggetto le c.d. "masse plurime". (Cass. Civ., Sez. V, sent. n. 7243 del 13 aprile 2016)

Deve affermarsi che l’agevolazione di cui al quarto comma dell’art. 34 del Dpr 131/86 - secondo cui «le comunioni tra i medesimi soggetti, che trovano origine in più titoli, sono considerate come una sola comunione se l’ultimo acquisto di quote deriva da successione a causa di morte» - presuppone la natura successoria mortis causa dell’ultimo atto di acquisizione patrimoniale alla comunione: ne consegue che deve essere esclusa qualora la divisione abbia ad oggetto plurime masse comuni rivenienti da una pluralità di titoli acquisitivi inter vivos, ancorché finalizzati ad anticipare l’assetto patrimoniale di una futura successione a causa di morte.

Commento

(di Daniele Minussi)
L' "agevolazione" di cui si parla è tale rispetto alla draconiana regola fiscale che impone il trattamento tributario della vendita (o della permuta) a quella divisione che venisse ad essere fatta su una massa di beni che sono in comune tra più soggetti, ma in base a titolo di provenienza plurimi (più atti di vendita ovvero di donazione, etc.). In tale ipotesi, la norma fiscale (art.34 t.u. 131/1986) impone che le masse di beni, ciascuna delle quali proviene da un titolo distinto, venga trattata a sè, senza che, cioè, si possano formare assegni divisionali con beni provenienti da un atto e beni che provengano da un titolo ulteriore. Tale severa disciplina rinviene una alleviazione (appellata dunque "agevolazione") nel caso in cui l'ultima delle provenienze sia una successione a causa di morte. In tal caso le masse plurime si dissolvono e tutti i cespiti costituiscono un'unica massa. E' chiaro però che questa "agevolazione" non può essere applicata quando tutti i titoli siano atti inter vivos (vale a dire manchi la provenienza successoria).

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