Valutabilità economica della prestazione e sua corrispondenza all'interesse anche non patrimoniale del creditore



Il contenuto della prestazione si atteggia variamente, potendo consistere in un dare, facere, non facere in relazione ad una pressoché infinita serie di oggetti e di comportamenti.

L'art. 1174 cod. civ. a questo proposito dispone unicamente che la prestazione che forma oggetto dell'obbligazione deve essere suscettibile di valutazione economica e che deve altresì corrispondere ad un interesse anche non patrimoniale del creditore nota1 .

Questi due concorrenti requisiti pongono un limite all'autonomia privata, non essendo consentita, alla stregua della disposizione citata, la deduzione in obbligazione di una prestazione che ne sia sfornita.

Quanto alla suscettibilità di una valutazione di segno economico nota2, talvolta sorgono difficoltà, con particolare riferimento alle prestazioni dedotte in contratti atipici. Si prenda quale esempio il contratto di sponsorizzazione, nel quale il contenuto della prestazione dello sponsorizzato ricomprende comportamenti dalle connotazioni atipiche, quali consentire l'utilizzo dell'immagine nonché il tenere determinati comportamenti (vestirsi in un certo modo, guidare una certa autovettura: cfr. Cass. Civ. Sez. I, 9880/97 ).

In giurisprudenza si è chiarito che la possibilità di valutazione economica non si ha solo se la prestazione ha un intrinseco valore patrimoniale, bensì anche quando lo riceva di riflesso dalla controprestazione eventualmente dedotta nel sinallagma contrattuale (Cass. Civ. Sez. II, 835/64 ) ovvero, anche indipendentemente da ciò, quando si convenga, allo scopo di assicurare una coazione intesa ad evitare l'inadempimento, una clausola penale.

L'apposizione nel caso concreto di una clausola penale, comunque, non potrebbe valere ad attribuire oggettivamente la patrimonialità ad una prestazione che ne sia intrinsecamente priva. Occorre dunque verificare se questi strumenti siano effettivamente idonei a dotare la prestazione di quel carattere patrimoniale che di per sé, oggettivamente, non possiederebbe.

Si può dire che la volontà privata sia autorizzata a "patrimonializzare soggettivamente" la prestazione in dipendenza dell'intento dei soggetti coinvolti nel fenomeno? nota3 Per tentare una risposta al riguardo occorre sottoporre ad indagine l'ulteriore requisito di cui all'art. 1174 cod. civ. , vale a dire l'interesse del creditore nota4.

Quest'ultimo può avere una natura anche non patrimoniale, ciò che riconferma la correttezza dell'ipotesi già svolta, che cioè, possono essere dedotte anche prestazioni in sè e per sè non fornite di carattere patrimoniale, il quale viene mutuato dall'atteggiamento soggettivo delle parti coinvolte nel rapporto nota5 .

Occorre tuttavia notare che la possibilità di ridurre equitativamente l'importo della penale da parte del giudice in via discrezionale, pone dei problemi notevoli. Come si fa a ridurre equitativamente l'importo della penale quando le parti hanno raggiunto un determinato equilibrio proprio al fine di patrimonializzare una prestazione ex se carente sotto tale profilo?.

La patrimonializzazione della prestazione soggettivamente predeterminata dalle parti rischierebbe di essere vanificata ex post a causa dell'intervento giudiziale (Cass. Civ. Sez. III, 3475/94 ; Cass. Civ. Sez. II, 11115/91 ).

Note

nota1

L'interesse creditorio si pone con tutta evidenza come un requisito essenziale non solo per l'insorgenza, bensì anche per assicurare la permanenza del vincolo: esso viene a permeare l'intera vita dell'obbligazione: cfr. Bianca, Diritto civile, vol. IV, Milano, 1998, p. 43; Cassarino, Le situazioni giuridiche e l'oggetto della giurisdizione amministrativa, Milano, 1956, p. 102.
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nota2

Il requisito della patrimonialità evoca una diversità di opinioni: a fronte del parere di chi reputa che essa dovrebbe essere valutata soggettivamente, altri osservano che la relativa nozione non potrebbe, al contrario, non essere ancorata ad un metro oggettivo. Conseguentemente il valore economico della prestazione dovrebbe essere obiettivamente accertabile. Non si potrebbe fare riferimento ad un valore considerato tale soltanto per le parti (cfr. Cian, L'interesse del creditore e la patrimonialità della prestazione, in Riv. dir. civ., vol. I, 1968, p. 197). Un'impostazione più vicina alla tesi "oggettiva" può essere considerata quella secondo la quale la patrimonialità indicherebbe che, in un dato ambiente giuridico-sociale, i consociati sono disposti a un sacrificio economico per godere i vantaggi di una determinata prestazione: cfr. Giorgianni, L'obbligazione, Milano, 1951, p. 29.
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nota3

In senso affermativo Rescigno (voce Obbligazioni, (diritto privato), in Enc. dir., vol. XXIX, Milano, 1979, p. 183). Secondo l'A. la previsione di una clausola penale potrebbe valere come indice dell'intento delle parti di voler costituire un obbligo giuridico.
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nota4

Il carattere costitutivo dell'interesse creditorio è stato contestato in dottrina: l'obbligazione perderebbe la sua certezza giuridica se dovesse dipendere da un elemento che attiene alla sfera interna del creditore, come tale difficilmente valutabile (cfr. Cian, op. cit., pp. 201 e ss.)
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nota5

In definitiva qualsiasi rapporto può assumere una rilevanza patrimoniale se il creditore e il debitore lo vogliono: cfr. Bianca, op. cit., p. 47, e Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 1996, p. 535.
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Bibliografia

  • CASSARINO, Le situazioni giuridiche e l'oggetto della giurisdizione amministrativa, Milano, 1956
  • CIAN, L'interesse del creditore e la patrimonialità della prestazione, Riv.dir.civ., 1968
  • GIORGIANNI, L'obbligazione, Milano, 1951
  • RESCIGNO, Obbligazioni: nozioni generali, Enc. Dir, XXIX

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