Risoluzione N. 248/E, Prova del valore normale nei trasferimenti immobiliari soggetti ad Iva finanziati mediante mutui



Roma, 17 giugno 2008

OGGETTO: Interpello -ART.11, legge 27 luglio 2000, n. 212. Prova del valore normale nei trasferimenti immobiliari soggetti ad Iva finanziati mediante mutui fondiari o finanziamenti bancari erogati per importi superiori al costo di acquisto

Con l'interpello specificato in oggetto, concernente l'interpretazione dell'art. 35 comma 23-bis del DL n. 223 del 2006, è stato esposto il seguente

Quesito

La società istante, esercente attività di costruzione e vendita immobiliare, intende vendere un immobile ad uso abitativo, appena ultimato, al prezzo di euro……., applicando l'imposta sul valore aggiunto nella misura del 4%, in quanto trattasi di immobile per il quale ricorrono i requisiti per usufruire dell'agevolazione c.d. "prima casa". Per l'acquisto, il cessionario intende stipulare un contratto di mutuo per un importo superiore al costo dell'immobile (pari ad euro…….), al fine di sostenere anche le spese accessorie alla compravendita.

In forza della vigente disciplina relativa all'accertamento del valore normale nei trasferimenti immobiliari, nelle ipotesi in cui il trasferimento immobiliare sia finanziato mediante mutui fondiari o finanziamenti bancari, il valore normale ai fini IVA non può essere inferiore all'ammontare del mutuo o finanziamento erogato.

Pertanto, l'istante chiede di conoscere quale importo debba essere indicato in fattura e in sede di stipulazione del contratto di compravendita, nonché se il ricavo da iscrivere in bilancio tra i componenti positivi ai fini delle imposte dirette debba o meno coincidere con l'imponibile ai fini IVA.

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente

A giudizio dell'istante, nell'atto di compravendita deve essere indicato il corrispettivo effettivamente pattuito (pari ad euro……..), mentre l'Iva deve essere assolta, ai sensi del comma 23-bis dell'art. 35 del D.L. 223 del 2006, su euro………, salvo che dal contratto di mutuo non emerga che il finanziamento sia erogato in parte per l'acquisto dell'immobile, in parte per le spese accessorie e sia, altresì, indicata chiaramente la misura.

L'istante, dopo aver fatto presente che tale questione assume esclusivo rilievo ai fini Iva (pur potendo creare disallineamenti ai fini della imposte dirette), è dell'avviso che le disposizioni che hanno introdotto le richiamate presunzioni trovano applicazione per i soli contratti di compravendita stipulati successivamente all'entrata in vigore della legge n. 248 del 2006, come anche chiarito dalla norma di interpretazione autentica contenuta nell'art. 1, comma 265, della legge n. 244 del 2007.

Parere dell'Agenzia delle Entrate

L'articolo 35, comma 2, del D.L. n. 223 del 2006, inserendo un nuovo periodo nel comma 3 dell'articolo 54 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, ha previsto che, per le cessioni aventi ad oggetto beni immobili e relative pertinenze, la prova dell'esistenza di operazioni imponibili per un ammontare superiore a quanto dichiarato o l'inesattezza delle operazioni che danno diritto alla detrazione "... si intende integrata anche se l'esistenza delle operazioni imponibili o l'inesattezza delle indicazioni di cui al secondo comma sono desunte sulla base del valore normale dei predetti beni, determinato ai sensi dell'articolo 14 del presente decreto".

Come chiarito con circolare n. 28/E del 4 agosto 2006, per effetto di tale disposizione gli uffici - relativamente alle operazioni aventi ad oggetto la cessione di beni immobili e relative pertinenze - possono rettificare direttamente la dichiarazione annuale Iva quando il corrispettivo della cessione medesima sia dichiarato in misura inferiore al "valore normale" del bene determinato, ai sensi del richiamato articolo 14 del d.P.R. n. 633 del 1972, come il "prezzo o corrispettivo mediamente praticato per beni o servizi della stessa specie o similari in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui è stata effettuata l'operazione o nel tempo e nel luogo più prossimi".

Analoga disposizione è stata introdotta, ai fini delle imposte sui redditi, dall'art. 35, comma 3, del D.L. 223 del 2006 che, modificando l'articolo 39, comma 1, lettera d), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ha attribuito agli uffici finanziari il potere di rettificare direttamente il reddito d'impresa in base al "valore normale" dei beni immobili ceduti quando tale valore, determinato ai sensi dell'art. 9 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir), risulti superiore al corrispettivo dichiarato.

L'articolo 35, comma 23-bis, del citato D.L. 223 del 2006, inserito dalla legge di conversione, ha inoltre introdotto uno specifico criterio di determinazione del valore normale ai fini IVA nella cessione dei beni immobili basato sull'ammontare del finanziamento, stabilendo che "per i trasferimenti immobiliari soggetti ad IVA finanziati mediante mutui fondiari o finanziamenti bancari, ai fini delle disposizioni di cui all'articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, terzo comma, ultimo periodo il valore normale non può essere inferiore all'ammontare del mutuo o finanziamento erogato".

Ad uno sguardo d'insieme emerge che, al fine di contrastare fenomeni evasivi realizzati mediante simulazione del prezzo di vendita degli immobili, con il richiamato articolo 35, commi 2, 3 e 23- bis, sono state introdotte delle presunzioni in favore dell'Amministrazione finanziaria che, per gli atti formati dal 4 luglio 2006 (cfr art. 1, comma 265, della legge 24 dicembre 2007, n. 244), non è più tenuta a fornire prova diretta del fatto presunto.

Peraltro, nonostante l'entità minima del valore normale dei trasferimenti immobiliari soggetti ad IVA (finanziati mediante mutui) risulti individuata ex lege, non si determina un'equiparazione assoluta tra importo del finanziamento e valore normale, destinata a valere indipendentemente dai criteri fissati dall'art. 14, del D.P.R. n. 633 del 1972. Ciò significa che l'Amministrazione non è vincolata dal criterio dell'importo del finanziamento in tutti quei casi in cui il valore normale, determinato ex art. 14 del D.P.R. n. 633 del 1972, risulti essere superiore all'ammontare della sottostante operazione di credito.

Del resto, come chiarito con circolare n. 11/E del 2007, le richiamate disposizioni del D.L. n. 223 del 2006 non hanno modificato il profilo sostanziale dei singoli ambiti impositivi, con la conseguenza che devono ritenersi immutati i criteri di determinazione della base imponibile Iva nonché di determinazione dei ricavi ai fini delle imposte sui redditi.

Ciò premesso, con riferimento al caso prospettato - come anche chiarito con la risoluzione n. 122/E del 1° giugno 2007, cui si rinvia - se il cessionario stipula un contratto di mutuo bancario per un importo superiore al corrispettivo dichiarato nell'atto di compravendita al fine di sostenere anche altre spese relative all'acquisto dell'immobile, coerentemente con la natura di presunzione legale relativa delle richiamate disposizioni, in sede di accertamento è sempre possibile fornire prova che l'ammontare del finanziamento rilevante ai fini della determinazione del valore normale è solo parte di quello risultante dall'operazione di credito ovvero che lo stesso non è finalizzato all'acquisto dell'immobile. A tale fine, se nel contratto di mutuo è specificato che parte della somma mutuata non è destinata a sostenere l'acquisto dell'immobile, per vincere la presunzione occorre fornire prova documentale della diversa destinazione del predetto ammontare. Sarà, pertanto, cura delle parti conservare adeguata documentazione al fine di superare la presunzione prevista dalla legge.

Non può, al contrario, ritenersi corretto che il cedente fatturi in via preventiva importi in misura superiore a quelli dichiarati in atto - che, in linea di principio, coincidono con quelli effettivi - al solo fine di inibire il potere di rettifica dell'ufficio.

La scrivente, conformemente al parere espresso dalla Direzione Regionale, infatti, dell'avviso che nell'atto di compravendita dell'immobile debba essere indicato il corrispettivo effettivamente pattuito tra le parti e che l'Iva debba essere assolta sulla base dell'ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente, secondo le condizioni contrattuali. Ai fini delle imposte dirette, invece, il ricavo della cessione sarà determinato, ai sensi dell'articolo 85 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (c.d. "Nuovo Tuir"), sulla base del corrispettivo della cessione del bene alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa che, per le considerazioni sopra espresse, coinciderà con l'importo indicato in fattura.

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