Risoluzione N. 20/E, Tassazione applicabile agli atti di risoluzione per mutuo consenso di un precedente atto di donazione


Roma, 14 febbraio 2014

OGGETTO: Tassazione applicabile agli atti di risoluzione per mutuo consenso di un precedente atto di donazione – articolo 28 del DPR 26 aprile 1986, n. 131 e articoli 67 e 68 del DPR 22 dicembre 1986, n. 917.

Nell’ambito delle attività svolte dal Tavolo di lavoro congiunto istituito, con protocollo d’intesa sottoscritto il 29 ottobre 2010, tra il Consiglio Nazionale del Notariato, quale organo di rappresentanza dell’ordine professionale dei notai, e l’Agenzia delle entrate, sono state esaminate, tra l’altro, alcune questioni interpretative, sottoposte all’attenzione della scrivente con istanze di consulenza giuridica, connesse con la tassazione applicabile agli atti di risoluzione per ‘mutuo consenso’, senza previsione di corrispettivo, di atti di donazione aventi ad oggetto diritti reali immobiliari.

Con risoluzione 14 novembre 2007, n. 329, è stato affermato che l’atto di risoluzione del contratto per ‘mutuo consenso’ deve essere assoggettato all’imposta di registro in misura proporzionale, ai sensi dell’articolo 28, comma 2, del Testo unico dell’Imposta di Registro, approvato con DPR 26 aprile 1986, n. 131 (di seguito TUR).

E’ stato chiesto di conoscere se tale interpretazione trovi applicazione anche nel caso di risoluzione per ‘mutuo consenso’, senza previsione di alcun corrispettivo, di un atto di donazione di immobili.

In proposito, è stato sostenuto che tale atto debba essere ricondotto nell’ambito dell’imposta sulle successioni e donazioni. L’atto di risoluzione, per il quale non viene previsto un corrispettivo, configurerebbe, infatti, un atto a titolo gratuito e dovrebbe, pertanto, essere assoggettato alla disciplina prevista dal legislatore per tali atti.

Con riferimento al quesito proposto, appare utile rilevare, in via preliminare, che l’articolo 1372 del codice civile stabilisce, al comma 1, che “Il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalle legge ...”.

La richiamata disposizione riconosce, dunque, alle parti del contratto, la possibilità di sciogliere, di comune accordo, il contratto concluso.

L’articolo 1321 del codice civile definisce il contratto come “l’accordo di due o più parti per costituire regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale”.

Dall’esame delle richiamate disposizioni, si desume l’ammissibilità del negozio risolutorio convenzionale, che viene concluso dalle parti al fine di estinguere un precedente rapporto giuridico patrimoniale ed eliminarne gli effetti giuridici prodotti.

La Corte di Cassazione, con sentenza 6 ottobre 2011, n. 20445, ha avuto modo di chiarire, con riferimento ad una risoluzione per ‘mutuo consenso’ di un contratto di compravendita, che “la risoluzione convenzionale integra un contratto autonomo con il quale le stesse parti o i loro eredi ne estinguono uno precedente, liberandosi dal relativo vincolo e la sua peculiarità è di presupporre un contratto precedente fra le medesime parti e di produrre effetti estintivi delle posizioni giuridiche create da essi”.

Tale contratto, chiarisce la Suprema Corte, esplica un effetto ripristinatorio “non essendo dato …riscontrare impedimenti ad un accordo risolutorio con effetto retroattivo di un contratto ad efficacia reale”.

Tali principi trovano conferma anche nella sentenza della Corte di Cassazione 31 ottobre 2012, n. 18844.

Il contratto di risoluzione per ‘mutuo consenso’ concretizza un atto autonomo rispetto al precedente, dotato di una propria causa, che viene stipulato dalle parti con lo scopo di eliminare un precedente contratto, qualunque sia la causa di quest’ultimo. Per effetto della conclusione dell’atto risolutivo, che ha efficacia retroattiva, dunque, gli effetti prodotti dall’originario contratto sono eliminati, per volontà delle parti, ab origine.

Fatta tale premessa, ai fini fiscali, appare utile precisare, in via preliminare, che la risoluzione per mutuo consenso non costituisce presupposto per la restituzione delle imposte corrisposte in occasione del precedente atto di trasferimento che viene risolto per volontà delle parti.

Per quanto concerne la tassazione da applicare al negozio risolutorio, fermo restando il principio sancito dall’articolo 20 del TUR, secondo cui l’imposta di registro deve essere applicata in considerazione degli effetti giuridici prodotti dagli atti presentati per la registrazione, si ritiene che, in relazione all’atto di risoluzione per ‘mutuo consenso’ come sopra definito, trovino applicazione, coerentemente con i chiarimenti già resi da questa amministrazione con la risoluzione n. 329 del 14 novembre 2007, le previsioni recate dall’articolo 28 del TUR che detta la disciplina prevista, ai fini dell’imposta di registro, per la risoluzione dei contratti.

Si precisa che le disposizioni previste dall’articolo 28 del TUR trovano applicazione anche con riferimento agli atti di risoluzione per ‘mutuo consenso’, senza previsione di corrispettivo, di atti di donazione, oggetto delle istanze di consulenza in esame.

Si rammenta, infatti, che l’articolo 28 del TUR individua, al comma 1, i casi in cui per la risoluzione del contratto può essere applicata, in presenza di particolari presupposti, l’imposta fissa di registro (clausola risolutiva espressa ovvero risoluzione stipulata nel secondo giorno non festivo successivo alla conclusione del contratto), fermo restando che sul corrispettivo previsto per la risoluzione deve essere applicata l’imposta di registro proporzionale.

Il comma 2 dell’articolo 28 stabilisce, inoltre, che “In ogni altro caso l’imposta è dovuta per le prestazioni derivanti dalla risoluzione, considerando comunque, ai fini della determinazione dell’imposta proporzionale, l’eventuale corrispettivo della risoluzione come maggiorazione delle prestazioni stesse”.

La circostanza che la norma, al fine di stabilire la tassazione applicabile, faccia riferimento, oltre che alle prestazioni che derivano dalla risoluzione, anche all’eventuale corrispettivo, porta a ritenere che la presenza o meno di una pattuizione che preveda specificamente il pagamento di un corrispettivo per la risoluzione non sia dirimente ai fini dell’applicabilità delle previsioni recate dall’articolo 28.

Né assume rilievo la circostanza che l’atto di risoluzione per ‘mutuo consenso’ sia riferito ad un precedente atto di donazione.

Come chiarito anche dalla Corte di Cassazione con la citata sentenza, infatti, la risoluzione convenzionale per ‘mutuo consenso’ concretizza un atto autonomo, dotato di una autonoma causa, concluso con il fine di estinguere gli effetti del precedente atto, qualunque sia la causa di quest’ultimo.

Fatta tale premessa, appare utile, in considerazione delle peculiarità che contraddistinguono l’atto di risoluzione per ‘mutuo consenso’ di un precedente atto di donazione avente ad oggetto diritti reali immobiliari, formulare alcune considerazioni in merito agli elementi che assumono rilievo ai fini della tassazione applicabile per l’imposta di registro.

Come ricordato, l’articolo 28, comma 2, del TUR impone di assoggettare a tassazione le prestazioni che derivano dalla risoluzione del contratto, oltre che l’eventuale corrispettivo previsto per la risoluzione.

Nel caso di risoluzione per ‘mutuo consenso’ di un precedente atto di donazione avente per oggetto un bene immobile, senza previsione di un corrispettivo, le parti si obbligano, in linea generale, alla sola restituzione del bene immobile.

Tenuto conto dell’effetto eliminativo che esplica l’atto di risoluzione per ‘mutuo consenso’, si ritiene che tale fattispecie non integra il presupposto per l’applicazione della disciplina prevista per i trasferimenti immobiliari dall’articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al TUR, e la consegna dell’immobile all’originario proprietario non assume rilievo ai fini dell’imposta proporzionale di registro.

Premesso quanto sopra, si precisa, quindi, che l’atto di risoluzione per ‘mutuo consenso’ afferente ad un atto di donazione per il quale non è previsto, come nel caso di specie, alcun corrispettivo, deve essere assoggettato a registrazione in termine fisso, con applicazione dell’imposta in misura fissa.

Diversamente, nell’ipotesi in cui dalla risoluzione del contratto derivino prestazioni patrimoniali in capo alle parti, ovvero venga pattuito un corrispettivo per la risoluzione del precedente atto di donazione, troverà applicazione, secondo il disposto di cui all’articolo 28, comma 2, del TUR, l’imposta proporzionale di registro.

Come chiarito con la circolare 10 giugno 1986, n. 37, di commento al testo unico dell’imposta di registro, infatti, “il secondo comma (dell’articolo 28), modificando il principio contenuto nella precedente legislazione…stabilisce che deve essere sottoposta a tassazione la prestazione, derivante dalla risoluzione, maggiorata dell’eventuale corrispettivo, dovendosi considerare il corrispettivo pattuito come un’autonoma nuova obbligazione derivante dallo stesso atto di risoluzione”.

Considerato l’effetto retroattivo prodotto dalla risoluzione convenzionale per ‘mutuo consenso’, che elimina ab origine gli effetti prodotti dal primo contratto, si precisa, infine, che per la risoluzione per ‘mutuo consenso’ relativa ad un atto di donazione avente ad oggetto un diritto reale immobiliare, le imposte ipotecaria e catastale devono essere applicate nella misura fissa di euro 200.

Peraltro, gli effetti della risoluzione per ‘mutuo consenso’ assumono rilevanza anche ai fini della tassazione diretta, in particolare con riferimento agli articoli 67 e 68 del Testo Unico delle Imposte Dirette, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR).

Al riguardo, occorre, infatti, tener presente che, ai fini delle cessioni immobiliari, l’articolo 67, comma 1, lettera b), del TUIR, include fra i redditi diversi le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione, e purché le unità immobiliari urbane non siano state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte del periodo intercorso fra l’acquisto, la costruzione e la cessione dell’immobile.

Pertanto, determinare il momento dal quale decorrono gli effetti del ‘mutuo consenso’ ha una diretta incidenza sul momento in cui si considera acquisito l’immobile e, di conseguenza, sul calcolo del quinquennio di possesso trascorso il quale la plusvalenza immobiliare non è più soggetta a tassazione.

Inoltre, la decorrenza degli effetti del ‘mutuo consenso’ assume rilevo anche con riguardo alla quantificazione della plusvalenza in commento.

L’articolo 68, comma 1, del TUIR, infatti, stabilisce come principio generale che la plusvalenza è costituita dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo d’imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo. Il secondo periodo della disposizione in commento specifica, tuttavia, che nell’ipotesi in cui gli immobili in oggetto siano acquisiti per donazione si assume come costo di acquisto quello sostenuto dal donante.

Da un punto di vista sostanziale, in base anche alla sopra citata giurisprudenza, si ritiene che la risoluzione di una donazione sia un negozio risolutorio e ripristinatorio, quindi con effetti retroattivi, vale a dire che il donante è ripristinato nella proprietà e nel possesso del bene donato con decorrenza dell’atto di donazione ex tunc.

Da quanto sopra esposto, consegue che il periodo dei cinque anni rilevante, ai fini della tassazione della plusvalenza di cui all’articolo 67, comma 1, lettera b), del TUIR, deve essere determinato a partire dalla data di acquisto dell’immobile da parte dell’originario donante.

Per quanto concerne la determinazione della plusvalenza in oggetto, si fa presente che, ai sensi dell’articolo 68, comma 1, del TUIR, la stessa è costituita dalla differenza fra i corrispettivi percepiti nel periodo d’imposta ed il costo sostenuto dall’originario donante.

Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.

Il Direttore Centrale

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