La prova liberatoria di non aver potuto impedire il fatto (reponsabilità dei genitori)




La prova liberatoria impone ai genitori di dimostrare tanto di aver svolto una vigilanza adeguata, per contenuto ed intensità, all'età, all'indole ed alla personalità del minore quanto di aver impartito al figlio un' educazione tale da avviarlo ad una normale e civile vita di relazione. Secondo la Suprema Corte, i compiti dell' educazione e della vigilanza si presentano, oltre che complementari, anche tra di loro interdipendenti, nel senso che man mano che l'opera educatrice consegua i suoi progressivi risultati, consentendo al minore una sempre maggiore capacità di corretto inserimento nella vita di relazione consono alla sua età ed al suo ambiente, si attenua l'intensità del correlativo dovere del genitore di vigilare sulla sua condotta, permettendo di elargire al minore quei proporzionali maggiori gradi di libertà di movimento e di autodeterminazione (cfr. Cass. Civ. Sez. III, 5564/84 ).

Sennonché la giurisprudenza ha fatto proprio un orientamento particolarmente restrittivo in ordine alla prova liberatoria dalla culpa in educando. Si sostiene, in particolare, che la colpa sussista quando le stesse modalità di realizzazione del fatto illecito dimostrino che il minore non possiede un adeguato grado di maturità e consapevolezza dei valori civili. In altri termini, le stesse modalità del fatto illecito commesso possono rivelare lo stato di maturità, il temperamento e, in genere, l'educazione del minore, sicché, in questi casi, l'onere della prova si rivela particolarmente gravoso (cfr. Cass. Civ. Sez. III, 9556/09 ; Cass. Civ. Sez. III, 10357/00 ).

Fondandosi sulla culpa in educando, la responsabilità incombe su entrambi i genitori in solido tra loro (cfr. Cass. Civ. Sez. III, 8263/96 ).

Quando i genitori non riescano a vincere la presunzione di responsabilità stabilita dalla legge, essi rispondono esattamente negli stessi limiti in cui avrebbe risposto il soggetto responsabile del fatto illecito, quindi, secondo la giurisprudenza (cfr. Cass. Civ. Sez. III, 5619/94 ), essi sono obbligati anche al risarcimento del danno morale.

Il genitore risponde, ai sensi dell'art. 2048 cod. civ. , dell'atto illecito compiuto dal proprio figlio minore, quand'anche la responsabilità di quest'ultimo non sia accertata in concreto, ma sia stata presunta ex art. 2054, II comma, cod. civ. (cfr. Cass. Civ. Sez. III, 6686/98 ).

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