La condotta del debitore, il principio di correttezza e di buona fede



Ai sensi dell'art. 1175 cod. civ. , disposizione che si riferisce al rapporto obbligatorio in generale, debitore e creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza. L'art. 1375 cod. civ. , norma più specificamente dettata in tema di contratto, prescrive che quest'ultimo deve essere eseguito secondo buona fede nota1.

Può formularsi a carico del soggetto obbligato un rimprovero direttamente basato sulla mancata osservanza del generico precetto di comportarsi secondo buona fede, oppure tale condotta deve essere comunque ricollegata al mancato adempimento di un obbligo specifico? Nel primo senso parrebbe essersi espressa una recente giurisprudenza (cfr. Cass. Civ. Sez. II, 1887/2018; Cass. Civ. Sez. III, ord. 18464/2020), in relazione all'obbligo di attivazione della parte allo scopo di cooperare ai fini dell'avveramento dell'evento dedotto sotto condizione sospensiva (mista).

Secondo un'opinione nota2, queste norme citate svolgerebbero la funzione di norme "quadro", la cui specificazione sarebbe affidata a regole ulteriori. Soltanto la violazione di queste ultime, consistenti in precetti specifici, configurerebbe un illecito mentre la contrarietà della condotta di un soggetto al generico dovere di comportarsi secondo le regole di correttezza non sarebbe direttamente ed autonomamente sanzionata dall'ordinamento (Cass. Civ. Sez. III, 3250/77 ). Qualora si dovesse accogliere questa tesi, dovremmo riferire dell'esistenza di una zona "grigia" tra condotta lecita ed illecita, zona che potrebbe costituire il terreno per la costruzione di una teorica dell'abuso del diritto che sfugga alla stringente obiezione in base alla quale una condotta o risulta conforme al diritto oppure è contraria ad esso, configurando conseguentemente un illecito.

Secondo un altro parere nota3 sarebbe direttamente ricostruibile, sulla scorta dei precetti di cui agli artt. 1175 e 1375 cod. civ., una serie di obblighi immediatamente vincolanti per le parti, la cui violazione non andrebbe dunque esente da sanzione. E' questa la teoria dei c.d. obblighi di protezione, di cooperazione, di informazione, etc. che è stata accolta anche dalla giurisprudenza, la quale ne ha fatto rilevante applicazione (Cass. Civ. Sez. II, 960/86 ; Cass. Civ. Sez. II, 387/97 ; Cass. Civ. Sez. Lavoro, 6601/95 ). In particolare, negli obblighi di informazione sarebbe compreso anche quello di specificare con esattezza le qualità del prodotto che, pur potendo essere qualificato come cosa appartenente ad un genere, potrebbe in concreto essere sprovvisto delle specifiche caratteristiche funzionali all'utilizzo da parte dell'acquirente (Cass. Civ. Sez. II, 14865/00 ).

E' stata recentemente prospettata una meditata opinione nota4, in forza della quale i precetti generici in esame dovrebbero essere riferiti unicamente ai rapporti precontrattuali, all'interpretazione ed all'esecuzione del contratto, con l'esclusione di quanto attiene strettamente al contenuto negoziale. Si pensi ad esempio ai particolari doveri (comunque previsti espressamente dal codice civile: cfr. art. 1746 cod. civ. ) di informazione che gravano sul commissionario o sull'agente di commercio (Cass. Civ. Sez. III, 108/97 ; Cass. Civ. Sez. Lavoro, 7644/96 ). In questi casi la violazione di detti doveri generici viene ad integrare una parallela violazione di norme più specifiche, dal che appunto si ritorna a desumere l'inettitudine di essi a fondare regole integrative del contenuto degli obblighi negoziali (Cass. Civ. Sez. III, 13131/97).

Non mancano in giurisprudenza pronunzie relative a casi di specie, fondate sulla singolare interpretazione delle regole di correttezza e buona fede, tali da comunque conferire rilevanza alla tematica dell' abusività della condotta del creditore quando la condotta di costui sia ispirata a recare un danno al debitore senza che al creditore stesso derivi un qualche vantaggio apprezzabile (Cass. Civ. Sez. I, 11271/97 ; cfr. anche Cass. Civ. Sez. Unite, 23726/07 nonchè Cass. Civ. Sez. III, 24539/09 in riferimento al frazionamento di un unico credito in una pluralità di richieste giudiziali di adempimento). Addirittura (Cass. Civ., Sez. Unite 13658/10) ha sancito che l'ingiustificato rifiuto da parte del creditore di accettare quale strumento di pagamento anche un mero assegno bancario, può integrare condotta contraria ai doveri in parola.
Ancora è stato deciso nel senso della contrarietà alle regole di correttezza e buona fede della condotta di una delle parti che abbia esercitato il diritto di recesso (pure spettantegli) relativamente ad uno soltanto tra i contratti dedotti nell'ambito di una serie di pattuizioni collegate in quanto finalizzate a perseguire lo stesso scopo (Cass. Civ. Sez. I, 15482/03 ). Il tema è specialmente delicato quando il recesso convenzionalmente stabilito sia praticabile ad nutum da parte di un contraente che, per la propria posizione, possa essere qualificato come dominante (cfr. Cass. Civ. Sez. III, 20106/09 ). E' di immediata evidenza la delicatezza del tema. Il sindacato circa le modalità di esercizio di un diritto, pur riconosciuto contrattualmente ad una delle parti di un contratto infatti non può non implicare da parte del giudice l'apprezzamento delle motivazioni soggettive, da collocarsi secondo lo schema della meritevolezza di tutela (cfr, sempre in tema di esercizio del diritto di recesso, Cass. Civ. Sez. I, 21250/08 ). E' noto come Il sindacato di siffatto aspetto, rieccheggiato dal modo di disporre dell'art.1322 cod.civ. non abbia rinvenuto sufficienti ancoraggi ermeneutici, finendo per rimanere confinato nelle astrazioni di principio. Altre volte il riferimento alla condotta del creditore come "abusiva" pare effettivamente speciosa, ben potendo le conseguenze che si pretenderebbe di ricavarne discendere assai più chiaramente da altre e ben più nitide regole. Così è stata ritenuta "abusiva" (e non conforme alla regola della correttezza a buona fede) la condotta della parte di un contratto che, facendo leva sull'inadempimento dell'obbligazione pecuniaria relativa alla corresponsione di un canone, abbia domandato la risoluzione della locazione, essendo nel frattempo da considerarsi a propria volta debitrice del conduttore in relazione ad un credito vantato da quest'ultimo, ma divenuto certo (in quanto contestato antecedentemente) soltanto nel corso del giudizio (Cass. Civ., Sez.III, 13208/10). Non è stata, al contrario, reputata abusiva la condotta del promissario acquirente che si sia rifiutato di addivenire all'atto traslativo della proprietà in difetto del preventivo (o contestuale) rilascio dell'assenso alla cancellazione dell'ipoteca gravante sull'immobile, ciò al quale si era impegnato il promittente alienante (Tribunale Reggio Emilia, 21/02/2013). Al contrario, è stata reputata contrastante con il principio in parola la condotta inerte dell'istituto bancario che ritardi il frazionamento del mutuo ipotecario nonostante i plurimi solleciti della società costruttrice, alla quale vanno pertanto risarciti i danni (Cass. Civ., Sez. I, 23232/13).

Note

nota1

V'è che reputa che correttezza e buona fede siano termini equivalenti (Di Majo, Delle obbligazioni in generale, in Comm. cod. civ., a cura di Scialoja-Branca, 1988, p. 290; Bianca, Diritto civile, vol. IV, Milano, 1998, p. 86). In senso potenzialmente contrario si veda l'opinione, ancorchè risalente nel tempo, del Betti, Teoria generale delle obbligazioni, in Tratt. dir. civ. it., Torino, 1955, p. 65, il quale ha sostenuto che la correttezza impone normalmente solo doveri di carattere negativo, mentre la buona fede impone obblighi di carattere positivo.Secondo le più recenti tendenze emerse in giurisprudenza i principi di correttezza e buona fede (oggettiva) presiederebbero non soltanto all'esecuzione del contratto, bensì anche ad ogni fase di questo (vale a dire alla formazione, all'esecuzione, all'interpretazione dello stesso), ponendosi come principio cardine (Cass. Civ. Sez. II, 20399/04).
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nota2

Breccia, Le obbligazioni, in Tratt. dir. priv., a cura di Iudica-Zatti, Milano, 1991, pp. 356 e ss..
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nota3

Mengoni, Obbligazioni "di risultato" e obbligazioni "di mezzi", in Riv. dir. comm., vol. I, 1954, pp. 368 e ss.; Benatti, Osservazioni in tema di "doveri di protezione, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1960, pp. 1344 e ss.. Contro la categoria degli obblighi di protezione si sono invece pronunciati il Natoli, L'attuazione del rapporto obbligatorio, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da Cicu-Messineo, Milano, 1974, pp. 17 e ss., e Bigliazzi Geri, Buona fede, in Dig. disc. priv..
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nota4

Benatti, Delle obbligazioni in generale, in Comm. cod. civ., a cura di Cendon, vol. IV, Torino, 1999, p. 8.
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Bibliografia

  • BENATTI, Delle obbligazioni in generale, Torino, Comm.cod.civ. diretto da Cendon, IV, 1999
  • BENATTI, Osservazioni in tema di "doveri di protezione", Riv.dir. e proc.civ., 1960
  • BIGLIAZZI GERI, Buona fede, Torino, Dig.disc.priv.
  • BRECCIA, Le obbligazioni, Milano, Tratt.dir.priv a cura di Iudica-Zatti, vol. XXIV, 1991
  • DI MAJO, Delle obbligazioni in generale (Artt. 1173-1176), Bologna-Roma, Comm. cod. civ. a cura di Scialoja-Branca, vol. XXIII, 1988
  • MENGONI, Obbligazioni di risultato e obbligazioni di mezzi, Riv.dir.com., I, 1954
  • NATOLI, L’attuazione del rapporto obbligatorio: il comportamento del debitore, Milano, Tratt.dir.civ. diretto da Cicu - Messineo, II, 1984

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