55 - Trasformazione progressiva, fusione e scissione di società di persone con decisione a maggioranza


Massima

19 novembre 2004

In mancanza di indizi interpretativi contrari la clausola meramente riproduttiva dell'art. 2252 cod. civ. (modifica dell'atto costitutivo con il consenso di tutti i soci) non comporta di per sè deroga agli artt. 2500-ter e 2502 cod. civ., per i quali la trasformazione progressiva, la fusione e la scissione (quest'ultima in forza del richiamo contenuto nell'art. 2506-ter cod. civ.) di società di persone possono decidersi con il consenso della maggioranza dei soci calcolata secondo le quote di partecipazione agli utili, salvo il diritto di recesso dei soci non consenzienti.

Motivazione

Per la trasformazione progressiva da società di persone in società di capitali e per la fusione e la scissione di società di persone gli artt. 2500-ter, comma 1° e 2502 cod. civ. (quest'ultimo richiamato dall'art. 2506-ter cod. civ.) richiedono il consenso della maggioranza dei soci calcolata in base alle rispettive quote di partecipazione agli utili e riconoscono al socio non consenziente il diritto recesso.
Le stesse disposizioni esplicitamente ammettono una clausola statutaria in deroga alla regola di legge, clausola che, in primo luogo (ma non esclusivamente), potrebbe subordinare le vicende sopra citate alla volontà unanime dei soci, così riespandendo la regola generale dell'unanimità dei consensi prevista per le modifiche dell'atto costitutivo dall'art. 2252 cod. civ., la quale prima della riforma si estendeva anche alle ipotesi in oggetto.
La ragione per la quale qui la riforma modifica la regola generale sul consenso unanime alle modifiche del contratto sociale va individuata nell'intento di favorire la realizzazione di vicende che assecondano lo sviluppo, la riorganizzazione e il rafforzamento della piccola impresa, senza però impedire un diverso accordo teso a dare rilievo alla volontà contraria anche del più marginale dei soci.
Sul piano interpretativo, specie con riguardo alle clausole più diffuse negli atti costitutivi delle società esistenti alla data di entrata in vigore del d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 6, sorge il quesito se sia sufficiente ad integrare il patto in deroga la clausola generica con cui si subordinano le modifiche dell'atto costitutivo all'unanimità dei soci.
In effetti, la mancanza, nell'ordinamento anteriore alla riforma, di una differenziazione dei consensi necessari in ordine alle diverse modifiche dell'atto costitutivo, tutte indistintamente soggette al principio base dell'unanimità, induceva a non avvertire il problema di una possibile (e in futuro realizzata) articolazione delle regole di decisione a seconda dell'oggetto della modifica del contratto sociale. Il risultato di quella prospettiva consisteva nella adozione, nella quasi totalità degli atti costitutivi esistenti, di una clausola semplicemente riproduttiva della regola dell'unanimità per le modifiche dell'atto costitutivo, quale sancita dall'art. 2252 cod. civ., senza esplicita considerazione di vicende quali la trasformazione, la fusione e la scissione.
Naturalmente, poiché si tratta di interpretare l'atto costitutivo di una società di persone, occorre ricostruire la portata della clausola in discorso alla luce delle intenzioni delle parti interessate nel contesto specifico in cui essa è introdotta e delle eventuali modifiche successivamente intervenute, specie in caso di variazioni nella compagine sociale.
E' però anche vero che generalmente la clausola richiedente l'unanimità per le modifiche dell'atto costitutivo intende semplicemente riprodurre l'art. 2252 cod. civ., senza che le parti si siano rappresentate una eventuale futura trasformazione progressiva, fusione o scissione. Ed allora, nell'assenza di un intento (esplicito o implicito) di regolamentazione specifica al riguardo, devono ritenersi non derogati gli artt. 2500-ter e 2502, comma 1° cod. civ., così dandosi spazio alla logica della riforma che intende facilitare l'accesso alle segnalate operazioni straordinarie pur in un sistema imperniato sulla normale modificabilità solo unanime dell'atto costitutivo.
Ciò sembra poter valere sia per le società costituite prima della entrata in vigore (ed anzi, della pubblicazione) del d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 6, proprio perché in esse ben difficilmente i soci potevano essere stati aiutati a rappresentarsi l'eventualità di una trasformazione, fusione o scissione a maggioranza con l'esito di rifiutarla in favore dell'unanimità, sia per le società costituite successivamente, poiché la conoscibilità della nuova regola sul consenso a maggioranza nelle vicende suddette dovrebbe di norma condurre ad esplicitare l'estensione ad esse della regola dell'unanimità, ove realmente ciò si volesse.
Del resto, ritenere attuata la deroga agli artt. 2500-ter e 2502 cod. civ. in ogni clausola richiedente l'unanimità per le modifiche dell'atto costitutivo, data l'altissima frequenza della stessa, equivarrebbe a rendere pressoché inoperante la novità introdotta dal legislatore della riforma, frustrandone le intenzioni.

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