13 - Clausola statutaria illecita, introdotta con delibera non più impugnabile, e successive decisioni a tale clausola conformi


Massima

18 marzo 2004

Sono invalide, in quanto non conformi alla legge, le deliberazioni assembleari e le decisioni dei soci adottate sulla base di un procedimento conforme a clausola statutaria illecita, introdotta con precedente deliberazione assembleare nulla per illiceità dell'oggetto, benché non più impugnabile per decorrenza del termine triennale previsto dalla legge.

Motivazione

Il termine triennale per l'esercizio dell'azione di nullità delle deliberazioni assembleari aventi oggetto illecito (artt. 2379 e 2479-ter, comma 3 cod. civ.) vale anche per le delibere assembleari di modifica dello statuto/atto costitutivo con le quali si introducano clausole vietate dalla legge: si pensi, ad esempio, ad una clausola che ammetta l'emissione di azioni a voto plurimo (vietate dall'art. 2351, comma 4) o di strumenti finanziari con diritto di voto nell'assemblea generale (vietati dall'art. 2346, comma 6) o che preveda il voto segreto (implicitamente vietato dall'art. 2375, comma 1) o modalità di convocazione dell'assemblea non conformi a quanto previsto dagli artt. 2366 e 2479-bis.

Decorso il termine triennale, la delibera nulla non può essere impugnata: resta, però, da stabilire quale valore giuridico abbia la clausola statutaria illecita così introdotta. In particolare, in quanto la clausola illecita abbia natura organizzativa - nel senso che si presta a disciplinare futuri procedimenti decisionali e/o ad ammettere o imporre particolari comportamenti dei soci e delle cariche sociali, riconoscendo loro diritti, poteri, facoltà, obblighi - sorge il dubbio:
  • se essa sia idonea a giustificare, e a rendere conseguentemente validi e sottratti alle normali sanzioni stabilite dall'ordinamento, quei successivi procedimenti decisionali e comportamenti che potrebbero essere tenuti bensì in conformità alla clausola ma in contrasto con norme inderogabili di legge;
  • e, correlativamente, se i successivi procedimenti decisionali e comportamenti, ove conformi invece alla legge e contrastanti con quanto prescritto dalla clausola illecita, possano andare incontro alle sanzioni stabilite per non conformità allo statuto/atto costitutivo.

Tre argomenti depongono nel senso della necessità di valutare i successivi procedimenti e comportamenti pertinenti al rapporto sociale alla luce della normativa inderogabile di legge e non già delle clausole statutarie illecite, ancorché introdotte nello statuto da più di tre anni.

a) Non è giustificabile un diverso trattamento e valore delle clausole statutarie illecite, a seconda che esse siano presenti sin dalla costituzione della società o posteriormente adottate: nel primo caso, nessun termine è posto dal legislatore all'azione di nullità (parziale) della clausola originaria, e pertanto qui non si può ricollegare alcun effetto sanante allo spirare di un inesistente termine per l'esercizio dell'azione; sembra logico, pertanto, escludere che quell'effetto si produca anche nel secondo caso, cioè con riguardo alle clausole illecite introdotte con modifica statutaria, poiché una diversa conclusione causerebbe una notevole incoerenza sistematica.

b) Conferire valore alle clausole statutarie organizzative illecite, una volta prescritta l'azione di nullità, genererebbe gravi incertezze. Ogni volta che si deve scegliere il comportamento da tenere o valutare il comportamento tenuto in vista di clausole del genere, occorrerebbe infatti verificare non soltanto se si tratta di clausole originarie (allora non vincolanti) o posteriormente introdotte, ma - in questo secondo caso - occorrerebbe pure verificare se il termine per l'impugnazione della delibera che le ha introdotte è ancora aperto (in quanto, allora, non sarebbero vincolanti) ovvero già spirato (solo in tal caso le clausole illecite potrebbero divenire vincolanti se si accogliesse l'interpretazione qui respinta). Le incertezze aumentano (e aumenterebbero in modo esponenziale se non vi fosse il controllo di legalità), ove poi si consideri che nelle s.r.l. e nelle s.p.a. chiuse la normale armonia tra i soci e l'abituale disinteresse dei terzi per le clausole organizzative interne potrebbero portare alla inamovibilità di patti illeciti di problematica interpretazione e applicazione, talora in grado di stravolgere le linee essenziali dei tipi sociali prescelti.

c) Proprio ad un bisogno di certezza risponde, invece, la ratio della limitazione temporale delle azioni di impugnazione delle delibere invalide, anche per oggetto illecito: la certezza che non vengano messi in discussione comportamenti già tenuti in esecuzione di quelle delibere, specie là dove si riveli impossibile o estremamente difficile ripristinare la situazione anteriore. Ma quella ratio non ricorre nella ipotesi di adozione di clausole statutarie organizzative illecite, poiché qui si tratta di valutare, in termini di liceità/illiceità, una serie indefinita di futuri comportamenti e di futuri procedimenti decisionali pertinenti al rapporto sociale. Pur tenendo in debito conto i motivi che hanno condotto il legislatore della riforma a delimitare nel tempo le impugnazioni delle delibere nulle per oggetto illecito, non v'è alcuna ragione, ad esempio, per ritenere valide (e non impugnabili nei termini di legge) tutte le future ed eventuali deliberazioni assembleari prese in riunioni convocate in assenza totale di informazione per qualche socio, benché ciò possa essere (apparentemente) consentito da una apposita clausola statutaria nulla, approvata con delibera assembleare (nulla) da più di tre anni.

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