Vendita di azioni, garanzia per mancanza di qualità essenziali del bene e "aliud pro alio". (Cass. Civ., Sez. VI-II, sent. n. 22790 del 12 settembre 2019)

Le azioni (e le quote) delle società di capitali costituiscono beni di "secondo grado", in quanto non sono del tutto distinte e separate dai beni compresi nel patrimonio sociale, e sono rappresentative delle posizioni giuridiche spettanti ai soci in ordine alla gestione ed alla utilizzazione di detti beni, funzionalmente destinati all'esercizio dell'attività sociale. Ne segue che i beni compresi nel patrimonio della società non possono essere considerati del tutto estranei all'oggetto del contratto di cessione del trasferimento delle azioni o delle quote di una società di capitali. Questo tanto nell'ipotesi in cui le parti abbiano fatto espresso riferimento agli stessi, mediante la previsione di specifiche garanzie contrattuali, quanto nel caso in cui l'affidamento del cessionario debba ritenersi giustificato alla stregua del principio di buona fede. Ne consegue che la differenza tra l'effettiva consistenza quantitativa del patrimonio sociale rispetto a quella indicata nel contratto, incidendo sulla solidità economica e sulla produttività della società, quindi sul valore delle azioni o delle quote, può integrare la mancanza delle qualità essenziali della cosa, che rende ammissibile la risoluzione del contratto ex art. 1497 cod.civ., ovvero, qualora i beni siano assolutamente privi della capacità funzionale a soddisfare i bisogni dell'acquirente, quindi "radicalmente diversi" da quelli pattuiti, l'esperimento di un'ordinaria azione di risoluzione ex art. 1453 cod.civ., svincolata dai termini di decadenza e prescrizione previsti dall'art. 1495 cod.civ.

Commento

(di Daniele Minussi)
Che cosa è tenuto a garantire colui che vende le partecipazioni sociali? La società in fondo è una "scatola": talvolta è difficile "guardare dentro" e verificare competentemente se i cespiti, le attività, le passività, i beni immateriali, i rapporti giuridici che vi fanno capo possiedono o meno determinate caratteristiche. La questione fattuale sottoposta all'attenzione della S.C. trae spunto dalla revisione contabile avviata dall'acquirente. All'esito della stessa erano state accertate sopravvenienze passive afferenti ad esercizi precedenti e tali da condurre addirittura all'azzeramento del capitale sociale. Ciò premesso, l'iter logico-argomentativo della decisione in un certo senso "dribbla" il tema: infatti la circostanza in base alla quale al tempo della stipula dell'atto di cessione delle partecipazioni la misura del capitale legale fosse inferiore a quella minima di legge, ha consentito di concludere nella direzione di entrambe le alternative: possibile dunque o l'azione ex art. 1497 cod.civ. oppure l'azione di risoluzione del contratto (aliud pro alio), come tale svincolata dal termine prescrizionale breve nonchè da quello decadenziale che contrassegna la garanzia.

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