Utilizzo di scrittura privata falsa: è semplice illecito civile, non più reato penalmente perseguibile. (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 4951 del 2 febbraio 2017)

Il D. lgs. n. 7/2016 ha abrogato il reato di falso in scrittura privata di cui all’art. 485 c.p. e ha cancellato il secondo comma dell’art. 489 c.p., il cui testo vigente recita la seguente formula: “Chiunque senza essere concorso nella falsità, fa uso di un atto falso soggiace alle pene stabilite negli articoli precedenti, ridotti di un terzo”. Da ciò deriva che l’uso della scrittura privata falsa non è più penalmente perseguibile. La fattispecie resta infatti inglobata nella depenalizzazione attuata con questa riforma.
Ciò emerge, innanzitutto, dal fatto che il testo vigente dell’art. 489 c.p. fa riferimento ad un “atto falso” (mentre il testo precedente parlava di “scrittura privata”) e dunque, nel concetto generico di “atto falso” non rientrano le “scritture private” per espressa eliminazione della parte della norma che le riguardava. Inoltre, risulterebbe del tutto illogico considerare reato la condotta consistente nel “fare uso di una scrittura privata”, dal momento che il Legislatore ha stabilito che non costituisce più reato falsificare una scrittura privata.

Commento

(di Daniele Minussi)
Nel caso di specie si trattava di sindacare la condotta di una persona che aveva tentato di perfezionare una truffa utilizzando una scrittura privata portante l'autenticazione falsificata di un notaio. La depenalizzazione introdotta dalla legge 20 febbraio 2016 n.46 (la quale si applica come jus superveniens, stante il principio della retroattività della norma più favorevole al reo) determina la perdita dell'illiceità penale della condotta antigiuridica, la quale può possedere rilevanza ad altri fini, ma non è più meritevole, almeno secondo l'ordinamento, di una sanzione penale.

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