Scioglimento della comunione legale fra coniugi: criteri per la divisione. (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 15395 del 4 luglio 2014)

Nella divisione ereditaria (ma anche relativamente alla comunione legale fra i coniugi), non si richiede necessariamente in sede di formazione delle porzioni un’assoluta omogeneità delle stesse, ben potendo nell’ambito di ciascuna categoria di beni immobili, mobili e crediti da dividere, taluni di essi essere assegnati per l’intero ad una quota ed altri, sempre per l’intero, ad altra quota, salvi i necessari conguagli, giacché il diritto dei condividenti ad una porzione in natura di ciascuna delle categorie di beni in comunione non consiste nella realizzazione di un frazionamento quotistico delle singole entità appartenenti alla stessa categoria, ma nella proporzionale divisione dei beni compresi nelle tre categorie degli immobili, mobili e crediti dovendo evitarsi un eccessivo frazionamento dei cespiti in comunione che comporti pregiudizi al diritto preminente dei coeredi e dei condividenti in genere di ottenere in sede di divisione una porzione di valore proporzionalmente corrispondente a quello della massa ereditaria, o comunque del complesso da dividere: ne consegue che nell’ipotesi in cui nel patrimonio comune vi siano più immobili da dividere, il giudice del merito deve accertare se l’anzidetto diritto del condividente sia meglio soddisfatto attraverso il frazionamento delle singole entità immobiliari oppure attraverso l’assegnazione di interi immobili ad ogni condividente, salvo conguaglio. Deve dunque ritenersi che risulta allora legittima la mancata divisione dei beni in natura, la quale da un lato necessiterebbero opere per la separazione fisica delle singole quote il cui costo non è determinabile né è certa la loro ammissibilità sotto il profilo urbanistico ed amministrativo e dall’altro tale divisione ne diminuirebbe sensibilmente il valore e la commerciabilità.

Commento

(di Daniele Minussi)
L’art. 194 cod.civ., dettato in tema di divisione dei beni già appartenenti alla comunione legale tra i coniugi fa rinvio al criterio della semplice ripartizione in ragione di metà dell'attivo e del passivo.
Il principio in base alla quale nella procedimento divisionale si debba tendere all’attribuzione tendenzialmente in natura di una quota di ciascuna specie dei beni ricadenti nella comunione in via proporzionale rispetto alla quota di diritto spettante a ciascun condividente non è però una regola assoluta, ben potendo essere attribuito un singolo bene anche ad uno soltanto tra i contitolari.

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