Risoluzione del contratto. Momento dello scioglimento del vincolo contrattuale. (Cass. Civ., Sez. III, ord. n. 28895 del 11 novembre 2024)

Quando l’esistenza d’un contratto viene in rilievo quale presupposto per l’esercizio di diritti nei confronti di terzi e quel contratto è dichiarato risolto con una pronuncia costitutiva ex art. 1453 cod.civ., gli effetti della risoluzione nei confronti dei terzi si devono considerare avvenuti nel momento dell’inadempimento dedotto a fondamento della domanda di risoluzione, dovendosi ritenere cessata, a partire da tale momento, l’obbligazione del terzo, il cui presupposto giuridico era l’esistenza del contratto risolto.

Commento

(di Daniele Minussi)
Ordinariamente si afferma che la retroattività della risoluzione del contratto è obbligatoria e non reale, allo scopo di descrivere il profilo effettuale di essa: ex tunc tra le parti, ex nunc per i terzi, salvi gli effetti della trascrizione della domanda giudiziale. Ma tale meccanismo opera, ai sensi dell'art. 1458 cod.civ., in relazione all'eventuale pregiudizio che potrebbe subire il terzo avente causa da colui che avesse acquistato un bene in forza di un contratto successivamente oggetto di una pronunzia di risoluzione. La fattispecie all'attenzione della S.C. era tuttavia diversa. Veniva infatti in considerazione il contratto di locazione commerciale, la cui sussistenza costituiva presupposto per il versamento da parte della p.a. di un indennizzo al conduttore per la forzosa interruzione dell’attività di ristorazione. Ebbene: cosa riferire nell'ipotesi in cui tale contratto fosse venuto meno in quanto oggetto di una pronunzia di risoluzione per inadempimento? La S.C. ha negato che sussistesse il diritto all’indennizzo, dal momento che la qualità soggettiva di conduttore dell’immobile oggetto di occupazione temporanea era venuta meno a far tempo dal momento in cui si era realizzato l’inadempimento e non già da quello della convalida dello sfratto.

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