Revocabilità della donazione per ingratitudine. (Cass. Civ., Sez. II, ord. n. 13544 del 29 aprile 2022)

L'ingiuria grave richiesta dall'art. 801 cod.civ. quale presupposto necessario per la revocabilità di una donazione per ingratitudine, pur mutuando dal diritto penale la sua natura di offesa all'onore ed al decoro della persona, si caratterizza per la manifestazione esteriorizzata, ossia resa palese ai terzi, mediante il comportamento del donatario, di un durevole sentimento di disistima delle qualità morali e di irrispettosità della dignità del donante, contrastanti con il senso di riconoscenza che, secondo la coscienza comune, dovrebbero invece improntarne l'atteggiamento, a prescindere, peraltro, dalla legittimità del comportamento del donatario.

Commento

(di Daniele Minussi)
Va riferito preliminarmente come sia stato già messo a fuoco dalla giurisprudenza la mancanza di coincidenza tra la nozione penalistica di ingiuria e quella posta a fondamento della revocazione della donazione. L'ingiuria infatti, quando si rifletteva in una condotta penalmente rilevante (tale più non è, dal momento che tale fattispecie è stata depenalizzata per effetto dei Dlgs 15 gennaio 2016 numeri 7 e 8), poteva ben essere integrata anche da un singolo episodio intercorso tra il soggetto attivo e quello passivo (senza che vi fosse alcun bisogno della percezione dell'offesa da parte di terzi). Ai fini della revocazione occorre invece che la condotta ingiuriosa del donatario abbia creato una situazione di riprovazione sociale (Cass. Civ., Sez.II, 23545/11): insomma deve essere accertato un comportamento di mancanza di rispetto pubblicamente contrastante con il sentimento di riconoscenza che dovrebbe invece contrassegnare la condotta del donatario, anche se occorre osservare come non rilevino le critiche anche aspre o le opinioni dissenzienti (si veda: Tribunale di Roma, Sez. III, 21224 del 22 ottobre 2015).

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