Responsabilità dei liquidatori verso i creditori sociali. Natura extracontrattuale. (Cass. Civ., Sez. III, ord. n. 521 del 15 gennaio 2020)

In tema di liquidazione di società di capitali, la responsabilità verso i creditori sociali prevista dall'art. 2495 c.c. ha natura aquiliana, gravando sul creditore rimasto insoddisfatto la deduzione e la allegazione del fatto che la fase di pagamento dei debiti sociali non si è svolta nel rispetto del principio della "par condicio creditorum"
In particolare, quanto alla dimostrazione della lesione patita, il medesimo creditore, qualora faccia valere la responsabilità "illimitata" del liquidatore, affermando di essere stato pretermesso nella detta fase a vantaggio di altri creditori, deve dedurre il mancato soddisfacimento di un diritto di credito, provato come esistente, liquido ed esigibile al tempo dell'apertura della fase di liquidazione e il conseguente danno determinato dall'inadempimento del liquidatore alle sue obbligazioni, astrattamente idoneo a provocarne la lesione, con riferimento alla natura del credito e al suo grado di priorità rispetto ad altri andati soddisfatti. Grava, invece, sul liquidatore l'onere di dimostrare l'adempimento dell'obbligo di procedere a una corretta e fedele ricognizione dei debiti sociali e di averli pagati nel rispetto della "par condicio creditorum", secondo il loro ordine di preferenza, senza alcuna pretermissione di crediti all'epoca esistenti. Diversamente, ove vi sia stata una ripartizione dell'attivo a favore dei soci e il creditore agisca facendo valere la loro responsabilità "limitata", l'attore è tenuto a provare che l'importo preteso sia di ammontare eguale o superiore a quello riscosso dal socio in sede di liquidazione, sulla base del relativo bilancio, poiché è attraverso la vicenda successoria "ex lege" che il medesimo socio rimane obbligato nei confronti del creditore sociale, divenendo la percezione della quota dell'attivo sociale elemento della fattispecie costitutiva del diritto azionato.

Commento

(di Daniele Minussi)
La pronunzia fa il punto sull'onere della prova in tema di risarcimento del danno che sia stato subito dal creditore sociale in conseguenza della condotta del liquidatore della società. Il problema è quello della responsabilità del liquidatore quando taluno dei creditori fosse rimasto insoddisfatto successivamente alla cancellazione della società, essendo la massa attiva esaurita. Cosa concludere quando si desse conto della permanenza di un credito non appostato nel bilancio finale di liquidazione? L'impostazione del problema discende dalla natura extracontrattuale della fattispecie risarcitoria. Occorre infatti che il creditore dia conto della sussistenza del proprio diritto di credito, della liquidità ed esigibilità dello stesso nonchè il nesso causale rispetto alla condotta lesiva, consistente nella negligente mancata apposizione del credito e/o il mancato rispetto dell'ordine delle cause di prelazione che assistono i crediti. Ciò costituirebbe fonte di responsabilità illimitata del liquidatore verso il creditore pretermesso.
A propria volta il liquidatore, nell'ipotesi di insufficienza del patrimonio, deve, allo scopo di liberarsi dalla responsabilità su di lui gravante in riferimento al dovere di svolgere un’ordinata gestione liquidatoria del patrimonio sociale destinato al pagamento dei debiti sociali, ha l’onere di allegare e dimostrare che l’intervenuto azzeramento della massa attiva tramite il pagamento dei debiti sociali non è riferibile a una condotta assunta in pregiudizio del diritto del singolo creditore.

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