Promessa verbale di disporre per testamento a fronte dell'esecuzione di prestazioni professionali. Patto successorio? (Cass. Civ., Sez. II, ord. n. 5555 del 21 febbraio 2022)

La promessa di istituire erede il prestatore d'opera quale corrispettivo della di lui attività, ove non risulti attuata mediante convenzione avente i requisiti di sostanza e di forma di un patto successorio (art. 458 cod.civ.), ma sia limitata ad una mera intenzione manifestata dal datore di lavoro, non costituisce menomazione della libertà testamentaria e non rientra, quindi, nel divieto di cui al citato art. 458. In detta ipotesi la indicata promessa non produce la nullità del rapporto di lavoro per illiceità dell'oggetto o della causa, ai sensi dell'art. 1418 cod.civ., ma è semplicemente rivelatrice della onerosità, nella intenzione delle parti, del rapporto stesso, per cui il prestatore d'opera ha diritto, indipendentemente dalla promessa medesima, alla retribuzione che gli compete, secondo la natura e l'entità della prestazione.

Commento

(di Daniele Minussi)
Quante volte sarà capitato che sia stato promesso un lascito ereditario a rimunerazione di un'attività prestata nell'interesse dell'ereditando? Secondo la S.C. la semplice promessa verbale intesa ad assicurare la istituzione d'erede nei confronti di chi presti in favore di costui un'attività non costituisce, ex se, un patto successorio e, di conseguenza, non può neppure, reagendo sull'elemento causale del rapporto d'opera, indurre la nullità di quest'ultimo, caso mai illustrandone la effettiva natura onerosa. Va da sè come la decisione della Cassazione riguardi una valutazione ex ante della fattispecie, non assumendo in considerazione un negozio di ultima volontà ipoteticamente viziato da nullità ex art. 458 cod.civ. (ciò che sarebbe ben possibile qualora fosse dimostrata l'attuazione di esso in adempimento di patto successorio obbligatorio).

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