Nullità del testamento pubblico non sottoscritto dal cieco. (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 8346 del 9 aprile 2014)

La condizione di non vedente non è di per sé sufficiente a dedurre l'incapacità di quest'ultimo alla sottoscrizione di un atto, atteso che le disposizioni di cui agli artt. 2 e 4 della legge 3-2-1975 n. 18 in tema di atti sottoscritti da soggetti non vedenti sono tali da escludere la legittimità dell'affermazione secondo la quale detta condizione fisica sia "ex se" sufficiente a giustificare la mancata apposizione della propria firma su di un atto da parte del cieco, considerandosi tali soggetti come persone dotate, in linea di principio, della capacità di firmare atti che li riguardino. Ne consegue che un testamento pubblico non sottoscritto dal non vedente non può essere dichiarato valido sull'erroneo presupposto dell'idoneità a costituire utile succedaneo alla sottoscrizione la mera dichiarazione resa dal testatore al notaio rogante (e da questi trasfusa nell'atto) di essere impossibilitato a sottoscrivere perché cieco, nella mancanza di qualsiasi verifica in ordine alla concreta correlabilità a tale status di una effettiva e non ovviabile incapacità a vergare la propria firma e, quindi, di ogni accertamento sulla effettiva veridicità e valenza di tale professione di incapacità a sottoscrivere che, viceversa, va, in concreto, riscontrata ed accertata.

Commento

(di Daniele Minussi)
La pronunzia sollecita un interrogativo: come è possibile sincerarsi del fatto che la dichiarazione del testatore cieco che abbia a riferire di non essere in grado di sottoscrivere l'atto sia veritiera? Perchè mai il disponente che si induce addirittura a fare testamento pubblico dovrebbe dichiarare una circostanza non vera, ponendo così in pericolo la validità di un atto non ripetibile?

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