Morte del congiunto per malattia professionale: il danno non patrimoniale non è risarcibile in base agli standards valutativi delle tabelle. (Cass. Civ., Sez. Lavoro, sent. n. 26590 del 17 dicembre 2014)

Nella liquidazione dei danni non patrimoniali patiti dagli eredi per la morte di un loro congiunto per malattia professionale il giudice del merito pur non essendo tenuto a supportare la sua decisione con una motivazione minuziosa e particolareggiata, è tuttavia tenuto, nella valutazione equitativa di detti danni ex articolo 1226 e 2059 Cc, ad individuare dei validi criteri di giudizio parametrati alla specificità del caso da esaminare e, conseguentemente, funzionalizzati ad una “personalizzazione” di detti danni, non conseguibile, invece, attraverso standard valutativi delle tabelle normative (di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 38/2000 e degli articoli 138 e 139 del decreto legislativo 209/05 e successive modifiche) o di quelle del tribunale di Milano, che hanno trovato riconoscimento nella giurisprudenza di legittimità.

Commento

(di Daniele Minussi)
La pronunzia prende le mosse dall'evento costituito dalle conseguenze pregiudizievoli scaturenti dalla morte per tumore ai polmoni dovuto all'esposizione all'amianto del dipendente di un'azienda condannata al risarcimento del danno. Niente tabelle (nè quelle di Milano, nè quelle di cui all'art.13 del d.lgs. 38/2000 ovvero di cui agli artt.138 e 139 del codice delle assicurazioni) per determinare il quantum del danno non patrimoniale subito dalla moglie e dai figli, specialmente per il danno morale soggettivo da valutarsi in via equitativa, tenuto conto delle varie situazioni esistenziali, da calibrare in riferimento ad ogni singolo danneggiato. Nessun appiglio, insomma, per un approccio volto a standardizzare i criteri risarcitori in materia.

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