La residenza deve essere comprovata attraverso le risultanze anagrafiche. (Cass. Civ., Sez. V, sent. n. 1530 del 2 febbraio 2012)

I benefici fiscali per l'acquisto della prima casa spettano unicamente a chi possa dimostrare, in base alle risultanze anagrafiche, di risiedere o di lavorare nel comune dove ha acquistato l'immobile, senza che a tal fine possano essere prese in considerazioni situazioni di fatto contrastanti con le risultanze dette. Questo principio è dettato in chiara funzione antielusiva, per la considerazione che un beneficio fiscale deve essere ancorato a un dato certo, certificativo della situazione di fatto enunciata nell'atto di acquisto; donde la manifesta infondatezza dei riferimenti a presunte violazioni di disposizioni costituzionali.

Commento

(di Daniele Minussi)
Pronunzia di grande attualità, anche in riferimento al diverso tema costituito dall'IMU e dai requisiti che presiedono alla possibilità di corrispondere l'imposta per la "prima casa". Per l'IMU infatti non è neppur più sufficiente il requisito della residenza, da coniugare con quello della "dimora abituale", ciò che apre scenari rispetto ad ipotesi in cui si possa dar la prova che un soggetto, ancorchè ufficialmente residente in una determinata località, effettivamente non vi dimori in maniera abituale e stabile.

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