La cessione di partecipazioni nell'ambito di un operazione di leverage cash out non si sostanzia invariabilmente in abuso del diritto. (CTP Vicenza, Sez. II, sent. n. 735 del 6 luglio 2016)

L'operazione di leverage cash out non configura abuso del diritto qualora le operazioni poste in essere per raggiungere l'assetto formale perseguito siano dotate di sostanza economica.

Commento

(di Daniele Minussi)
Con la locuzione "leverage cash out" si allude a quell'operazione per il cui tramite i soci persone fisiche di una società che dispone di cospicue riserve vanno a monetizzarle cercando di attutire l'impatto fiscale di siffatta operazione. Nel caso specifico è stato seguito il procedimento in forza del quale i soci rivalutano le proprie partecipazioni corrispondendo l'imposta sostitutiva, addivenendo successivamente alla cessione delle proprie quote ad una società holding da essi stessi partecipata. Per tale via il corrispettivo ricavato dall'operazione viene incassato dai soci senza che si faccia luogo a pagamento delle plusvalenze già "sterlizzate", mentre la holding, nell'incassare i dividendi (detassandoli al 95%), fruisce dell'incasso per pagare i soci già cedenti a fronte della vendita della quote prima effettuata. In sintesi, si può dire che i soci incassano le riserve della società fruendo di un trattamento fiscale migliore rispetto a quello che avrebbe avuto luogo direttamente incassando i dividendi. La non abusività dell'itera operazione è stata riconosciuta sulla scorta di valide motivazioni economiche, relative cioè alla riorganizzazione dell'intero assetto societario per il tramite della costituzione di holding, anche in vista dell'eventuale cessione delle partecipazioni sociali a terzi.

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