L’Amministrazione di sostegno è indicata anche per le ipotesi di gravi infermità. (Cass. Civ., Sez. I, n. 22332 del 26 ottobre 2011)

L’amministrazione di sostegno, introdotta nell’ordinamento dalla leggen. 6/2004, art. 3, ha la finalità di offrire a chi si trovi nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi uno strumento di assistenza che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacità di agire, distinguendosi, con tale specifica funzione, dagli altri istituti a tutela degli incapaci, quali la interdizione e la inabilitazione, non soppressi, ma solo modificati dalla stessa legge attraverso la novellazione degli artt. 414 e 417 c.c. Rispetto ai predetti istituti, l’ambito di applicazione dell’amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore capacità di tale strumento di adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa. Appartiene all’apprezzamento del giudice di merito la valutazione della conformità di tale misura alle indicate esigenze, tenuto conto essenzialmente del tipo di attività che deve essere compiuta per conto del beneficiario, e considerate anche la gravità e la durata della malattia, ovvero la natura e la durata dell’impedimento, nonché tutte le altre circostanze caratterizzanti la fattispecie.

Commento

(di Daniele Minussi)
La pronunzia si occupa del delicato tema del rapporto tra amministrazione di sostegno ed istituti quali interdizione ed inabilitazione. La realtà è che l'ads è stata introdotta in sovrapposizione agli strumenti per l'innanzi concepiti per sovvenire al venir meno parziale o integrale della capacità di agire, senza che sia stato consegnato all'interprete alcun criterio di selezione in grado di orientare una scelta dirimente. La tesi secondo le quale l'interdizione rimarrebbe il provvedimento più adeguato per far fronte alla situazione di chi fosse del tutto privo della capacità di intendere o di volere (pur sostenuto da una parte della giurisprudenza: cfr. in riferimento all'aspetto patrimoniale Trib. Torino, 30 luglio 2008) non ha, in particolare, alcun fondamento normativo.

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