Impugnazione della rinunzia all'eredità da parte del creditore del chiamato. Caratteristiche e limiti. (Cass. Civ., Sez. VI-II, ord. n. 24524 del 10 settembre 2021)

In tema di successione "mortis causa", ove il chiamato all'eredità vi abbia rinunciato, il creditore di questi che ne risulti pregiudicato può impugnare la rinuncia ai sensi dell'art. 524 cod.civ., onde ottenerne la declaratoria di inefficacia nei suoi confronti e così agire sul patrimonio ereditario, fino a concorrenza delle proprie ragioni, senza che il chiamato stesso acquisisca la qualità di erede. Pertanto, non può neanche in astratto configurarsi un pregiudizio a carico del predetto creditore - in relazione ad un accordo fra rinunciante e chiamati per rappresentazione, finalizzato a circoscrivere o limitare nei soli rapporti interni l'efficacia della rinuncia – non potendo egli pretendere, al di là della tutela offertagli dal citato art. 524 cod.civ., che il proprio debitore acquisisca il titolo di erede in luogo dei chiamati di ordine successivo.

Commento

(di Daniele Minussi)
La protezione accordata al creditore del chiamato all'eredità che vi abbia fatto rinunzia attiene al solo aspetto patrimoniale della delazione ereditaria, nulla avendo a che fare con gli altri aspetti della chiamata. L'esperimento del rimedio di cui all'art. 524 cod.civ. non sortisce pertanto ulteriori effetti in relazione all'assunzione della qualità ereditaria, tali, in particolare, da coinvolgere i chiamati in subordine.

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