Il potere dell'AE di procedere con accertamento c.d. "sintetico" non si fonda sul DM 24 dicembre 2012 istitutivo del "redditometro"), ma sull'art. 38 DPR 600/73. Riformata la pronunzia che ordina all'AE si non intraprendere attività di raccolta dei dati relativa al contribuente. (Cass. Civ., Sez. I, ord. n. 17486 del 4 luglio 2018)

In tema di protezione dei dati personali con riguardo alle attività accertative della posizione fiscale del contribuente con metodo sintetico, va cassata (con conseguente decisione nel merito di rigetto dell'originario ricorso) la sentenza che, nel presupposto della nullità del D.M. 24 dicembre 2012, istitutivo del c.d. redditometro, abbia ordinato all'agenzia delle entrate di non intraprendere tali attività, di cessarle ove già iniziate rispetto al ricorrente e di distruggere i dati eventualmente raccolti e archiviati.
Il potere dell'Amministrazione finanziaria di svolgere attività accertative con metodo sintetico trova il suo fondamento non già nel D.M. 24 dicembre 2012, che disciplina soltanto le modalità di trattamento dei dati, raccolti ed elaborati in base ad altre e diverse disposizioni di legge, ma in primo luogo nell'art. 38 del D.P.R. n. 600/1973, nel contesto della potestà impositiva dell'Amministrazione finanziaria che si fonda sull'art. 53 Cost. e nell'attività di accertamento e di raccolta di dati attuata presso l'Anagrafe tributaria. Sulla base di tali premesse non può dubitarsi che la richiesta affinché l'Amministrazione finanziaria si astenga dal raccogliere dati e informazioni, nonché dal monitorare le spese effettuate o effettuande da un contribuente, omettendo in particolare di archiviare e mantenere l'archivio dei relativi dati, da un lato esorbita dall'insieme dei diritti enunciati dall'art. 7 del Codice della Privacy di cui al D.Lgs. n. 196/2003 e sotto altro profilo, nella parte relativa alla richiesta di distruggere e cancellare i dati acquisiti e l'archivio degli stessi, si scontra con la previsione del diritto alla cancellazione o al blocco dei dati trattati in violazione di legge. Nel caso di specie il trattamento dei dati trova fondamento diretto nella disposizione di legge di cui al già menzionato art. 38 del D.P.R. n. 600/1973, nonché nell'art. 19, comma 1, del D.Lgs. n. 196/2003, che stabilisce che il trattamento da parte di un soggetto pubblico, riguardante dati diversi da quelli sensibili e giudiziari, è consentito per lo svolgimento delle funzioni istituzionali, anche in mancanza di una norma di legge o di regolamento che lo preveda espressamente. Inoltre, i diritti di cui al ridetto art. 7 concernono il trattamento illegittimo di dati specificamente individuati e non genericamente il trattamento di tutti i dati riguardanti un interessato e indistintamente indicati, traducendosi altrimenti l'iniziativa in una non consentita opposizione da parte del contribuente all'azione di accertamento dell'Amministrazione finanziaria, fondata su disposizioni di legge, così da impedire al Fisco di esercitare le potestà ad esso attribuite dalla legge.

Commento

(di Daniele Minussi)
Se è vero che il c.d. "redditometro", vale a dire alla serie di parametri elaborati dal ministero ed elaborati dall'Agenzia delle Entrate per determinare in via presuntiva, in base ai consumi del contribuente ed alle sue abitudini di vita il reddito di costui è stato reputato illegittimo (cfr. Tribunale di Napoli, 21 febbraio 2013) sulla scorta dell'intollerabile contrarietà dello stesso ai fondamentali principi costituzionali e comunitari del diritto alla riservatezza, non è altrettanto vero che in ogni caso il metodo sintetico ai fini della determinazione dei redditi del contribuente debba essere ritenuto illegittimo: la fonte della raccolta dei dati sui quali esso si fonda non va rinvenuta infatti nel DN 24 dicembre 2012, bensì nell'art.38 del DPR 600/1973.

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