Forma scritta ad substantiam del negozio dissimulato e prova della simulazione. (Cass. Civ., Sez. II, ord. n. 10933 del 5 aprile 2022)

In tema di simulazione relativa oggettiva, ai fini della prova del contratto dissimulato che avrebbe dovuto rivestire forma scritta "ad substantiam", deve escludersi che la confessione possa supplire alla mancanza del requisito formale rappresentato dalla controdichiarazione scritta, necessaria per il contratto diverso da quello apparentemente voluto.

Commento

(di Daniele Minussi)
Come ben noto, la controdichiarazione è funzionale a dar conto del fenomeno simulatorio inter partes (essendone la prova regina tra le parti, dal momento che, valendo come mero fatto giuridico per i terzi, sarebbe ben possibile darne conto anche con l'ausilio di elementi presuntivi). La mancata produzione della controdichiarazione non esaurisce comunque ogni possibilità per una delle parti di raggiungere l'evidenza della simulazione nell'ipotesi di simulazione assoluta ovvero in quella relativa ove tuttavia il negozio dissimulato non fosse connotato da un formalismo ad substantiam. In tale ultimo caso invece la confessione non sarebbe fruibile, dal momento che la legge prevede indispensabilmente che la controdichiarazione possieda analogo requisito formale (cfr., in senso analogo, Cass. civile, sez. II 2017/6262. Per tale motivo la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte territoriale che, sulla base della confessione della parte, aveva ritenuto provata la dissimulazione di una datio in solutum immobiliare di cui non vi erano gli elementi nel contratto di compravendita immobiliare asseritamente simulato.

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