Forma dell'atto di rinunzia alla servitù prediale. (Cass. Civ., Sez. VI-II, ord. n. 2316 del 2 febbraio 2021)

Chi chiede la riapertura della canna fumaria deve solo provare la clandestinità dello spossessamento. La rinuncia al diritto di servitù, infatti, deve risultare da atto scritto ma il proprietario del piano di sopra può provare che l’utilità assicurata dal manufatto è venuta meno. Non basta tuttavia sostenere che il camino è stato sostituito da una stufa a pellet in quanto anch’essa necessita della canna di scarico dei fumi.

Commento

(di Daniele Minussi)
Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione, veniva in considerazione il fatto consistente nelle conseguenze della chiusura della canna fumaria da parte del proprietario dell'appartamento sovrastante a quello che la utilizzava per il funzionamento di un camino. La S.C. ha osservato come quest'ultimo non dovesse tenere alcun comportamento attivo, nè allo scopo di rivendicare la propria situazione possessoria, nè per confermare l’attualità della stessa. La canna fumaria passante attraverso una proprietà individuale, infatti, costituisce opera stabilmente posta a servizio di una diversa proprietà che non può essere rimossa dal proprietario del fondo servente. Ciò a meno che quest'ultimo dimostri che l’utilitas che detto manufatto era destinato ad assicurare al fondo dominante sia venuta meno, o in base ad un evento naturale, ovvero per intervenuta prescrizione estintiva del diritto o, infine, per volontà del titolare del fondo dominante, che vi abbia rinunciato. In riferimento a quest'ultima eventualità la rinuncia dovrebbe intervenire con la forma prevista dalla legge. Essa dunque deve risultare da atto scritto, ai sensi dell’art. 1350 cod.civ., non potendo essere desunta indirettamente da fatti concludenti (cfr., ex multis, Cass. Sez. II, 1980/835; Cass. Sez.II, 2228/1985).

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