Esecuzione specifica del pactum fiduciae? (Cass. Civ., Sez. II, ord. n. 14524 del 9 maggio 2022)

Il fenomeno fiduciario consiste in una operazione negoziale che consente ad una parte (il fiduciante) di far amministrare o gestire per finalità particolari un bene da parte di un'altra (il fiduciario), trasferendo direttamente al fiduciario la proprietà del bene o fornendogli i mezzi per l'acquisto in nome proprio da un terzo, con il vincolo che il fiduciario rispetti un complesso di obblighi volti a soddisfare le esigenze del fiduciante e ritrasferisca il bene al fiduciante o a un terzo da lui designato.
Nel preliminare l'effetto obbligatorio è strumentale all'effetto reale e lo precede; nel contratto fiduciario l'effetto reale viene prima e su di esso s'innesta l'effetto obbligatorio, la cui funzione non è propiziare un effetto reale già prodotto, ma conformarlo in coerenza con l'interesse delle parti nel senso, più precisamente, che la prestazione traslativa stabilita nell'accordo fiduciario serve essenzialmente per neutralizzare il consolidamento abusivo di una situazione patrimoniale vantaggiosa per il fiduciario a danno del fiduciante. Ne consegue che, mentre l'obbligo nascente dal contratto preliminare si riferisce alla prestazione del consenso relativo alla conclusione di un contratto causale tipico (quale la vendita), con la conseguenza che il successivo atto traslativo è qualificato da una causa propria ed è perciò improntato ad una funzione negoziale tipica, diversamente, nell'atto di trasferimento del fiduciario - analogamente a quanto avviene nel mandato senza rappresentanza (art. 1706 cod. civ. comma 2) - si ha un'ipotesi di pagamento traslativo, perché l'atto di trasferimento si identifica in un negozio traslativo di esecuzione, il quale trova il proprio fondamento causale nell'accordo fiduciario e nella obbligazione di dare che da esso origina. Le differenze esistenti tra il contratto preliminare e il pactum fiduciae escludono, dunque, la possibilità di equiparare le due figure e, quindi, di ritenere che l'impegno al trasferimento assunto in sede fiduciaria abbia titolo in un contratto preliminare e, tanto meno, di ritenere che tale impegno, in quanto privo di corrispettivo, abbia il carattere della promessa di donazione.
Nè, del resto, l'obbligo del fiduciario di ritrasferire l'immobile al fiduciante o ad un terzo da lui indicato deriva dalla dichiarazione (unilaterale o, come nel caso di specie, bilaterale) ricognitiva dell'intestazione fiduciaria e promissiva del ritrasferimento posto che da tale dichiarazione non dipende la nascita dell'obbligo del fiduciario di ritrasferire l'immobile al fiduciante: essa non costituisce fonte autonoma di tale obbligo, che deriva dal pactum, anche se stipulato soltanto verbalmente, ma è produttiva dell'effetto di determinare la relevatio ab onere probandi e di rafforzare così la posizione del fiduciante destinatario della dichiarazione stessa, il quale, in virtù di questa, è esonerato dall'onere di dimostrare il rapporto fondamentale.
Quanto al collegamento tra la natura immobiliare del bene acquistato dal fiduciario e l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di trasferimento rimasto inadempiuto, non può che ribadirsi il principio secondo il quale tale rimedio è applicabile non solo nelle ipotesi di contratto preliminare non seguito da quello definitivo, ma anche in qualsiasi altra fattispecie dalla quale sorga l'obbligazione di prestare il consenso per il trasferimento o la costituzione di un diritto, sia in relazione ad altro negozio, sia in relazione ad un atto o fatto dai quali detto obbligo possa discendere ex lege, e, dunque, la possibilità di ricorrere al meccanismo che l'art. 2932 cod.civ., tipicamente configura per ottenere in forma specifica l'esecuzione dell'obbligo, che il fiduciario si è assunto con la stipulazione del pactum, di ritrasferire al fiduciante - o a un terzo da lui designato - il bene o la posizione di titolarità.

Commento

(di Daniele Minussi)
L'elaborata pronunzia della S.C. qui in commento è connotata da plurimi profili. Va distinta, in tal senso, la portata delle questioni sostanziali da quella delle problematiche attinenti l'onere probatorio.
Sotto il primo profilo lo sforzo ermeneutico della Cassazione si profonde nella ricerca della distinzione dell'elemento causale dell'atto di adempimento da porre in essere in dipendenza del rapporto fiduciario (allo scopo di eventualmente ritrasferire il bene al fiduciante o a terzo da costui indicato) rispetto al contratto definitivo da perfezionarsi in adempimento all'obbligazione nascente da contratto preliminare. Da un punto di vista cronologico ed effettuale la S.C. osserva come, in quest'ultimo caso, l'effetto obbligatorio è prodromico e strumentale rispetto all'effetto reale, mentre, nel contratto fiduciario, l'effetto reale risulta precedente, ad esso facendo seguito l'effetto obbligatorio, la cui funzione è quella di conformare agli interessi delle parti la situazione traslativa creatasi all'esito della negoziazione traslativa in capo al fiduciario. A ben vedere, tuttavia, tale costruzione risulta monca. Infatti nell'interposizione fiduciaria, volendo rimanere sul piano della predetta ricostruzione cronologico-effettuale, possono essere individuati tre distinti aspetti. Prima di tutto ha luogo l'investitura reale del soggetto fiduciario nella titolarità di un bene, in funzione di una negoziazione traslativa. Tale investitura è immediatamente, ab origine, modificata (dunque senza che possa essere individuata una fase precedente rispetto all'altra) dalla pattuizione obbligatoria, intesa a "correggere" la direzione ultima dell'attribuzione. Non pare invero appropriato, dunque, sostenere che l'effetto reale venga "prima" e che su di esso si innesti, come si trattasse di una fase successiva, l'effetto obbligatorio. Vero è, piuttosto, che, in forza dell'accordo fiduciario (che addirittura precede l'atto di investitura reale del fiduciario), quando il fiduciario acquista il bene, contemporaneamente si perfeziona il negozio traslativo in capo al fiduciario e, allo stesso tempo, nasce l'obbligazione in capo a costui finalizzata al ritrasferimento in capo al fiduciante ovvero al terzo da costui individuato. Caso mai si può rilevare come ad una prima fase, contrassegnata dalla contemporanea presenza di una pattuizione con effetti traslativi e, allo stesso, tempo obbligatori, debba poi far seguito una ulteriore fase, qualificata da effetti traslativi (vale a dire il negozio di ritrasferimento) che si pone in rapporto di adempimento (del pactum fiduciae) rispetto al predetto effetto obbligatorio. Dunque tra fasi, ma, diversamente rispetto a quanto segnalato, la prima costituita dal pactum fiduciae (obbligatorio); la seconda dal negozio di "investitura reale" (cui si accompagna coevamente l'aspetto obbligatorio che si produce in conseguenza del precedente pactum fiduciae); la terza culminante nel perfezionamento dell'atto traslativo di ritrasferimento.
Ciò premesso, si può concordare sugli esiti cui perviene l'articolata disamina della Cassazione in relazione alla distinzione causale tra contratto definitivo (che faccia seguito a contratto preliminare) e atto di ritrasferimento (che faccia seguito ad accordo fiduciario). Negozio con causa tipica nel primo caso (compravendita), pagamento traslativo (rectius: atto di adempimento traslativo), dunque connotato da causa esterna, nell'ultimo caso. Il tutto con rilevanti conseguenze teorico-pratiche, se è vero che il contratto definitivo, proprio perchè causalmente distinto rispetto all'antecedente costituito dal preliminare, può divergerne nel contenuto. Altrettanto non è a dirsi per l'atto di ritrasferimento, che non potrebbe emanciparsi rispetto al contenuto dell'originaria pattuizione fiduciaria.
Tale impianto teorico non produce comunque speciali impatti sulla praticabilità, in tutte le ipotesi, del rimedio di cui all'art. 2932 cod.civ., nè conduce ad affermazioni di speciale rilevanza quanto all'apprezzamento della natura giuridica della dichiarazione rilasciata dal fiduciario in ordine all'esistenza dell'obbligo di ritrasferimento, meramente ricognitiva dell'obbligazione stessa, la quale tuttavia scaturisce dall'originaria pattuizione fiduciaria (anche se la forma che quest'ultima dovrebbe rivestire viene posta in non cale, in latente contrasto con la natura dei beni che ne costituiscono l'oggetto). Infatti, una volta accertata l'esistenza dell'atto ricognitivo, il soggetto che ne invoca la forza probatoria risulterebbe essere esonerato dall'onere di dar conto del rapporto fiduciario sottostante.

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