Ermeneutica contrattuale e principio di buona fede. (Cass. Civ., Sez. II, ord. n. 28259 del 4 novembre 2024)

In tema di interpretazione del contratto, sebbene, l’elemento letterale, cioè il senso letterale delle parole, sia centrale per comprendere la reale volontà delle parti, esso deve essere considerato alla luce di ulteriori criteri ermeneutici, tra cui l’interpretazione funzionale (rivolta alla causa concreta del contratto e allo scopo pratico delle parti) e l’interpretazione secondo la buona fede.

Commento

(di Daniele Minussi)
Se è vero che il tenore testuale delle parole utilizzate è il criterio guida dell'ermeneutica negoziale, esso non può costituire un ostacolo in ordine alla indagine dell'effettiva intenzione comune delle parti. Può darsi infatti che la considerazione della funzione concretamente svolta dal contratto conduca ad una interpretazione parzialmente divergente rispetto al mero senso letterale delle espressioni utilizzate dalle parti.

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