Efficacia meramente obbligatoria o reale della clausola statutaria di prelazione? Inopponibilità della cessione alla società ed ai soci prelazionari, ma inoperatività del retratto. (Cass. Civ., Sez. I, sent. n. 24559 del 2 dicembre 2015)

La prelazione convenzionale, avendo efficacia obbligatoria, è efficace e vincolante per i soli contraenti e non per i terzi estranei. Tali principi sono applicabili anche al caso in cui il patto di prelazione sia stato inserito, mediante apposita clausola, nell'atto costitutivo o nello statuto di una società. L'efficacia reale" di tale patto - che non cessa di rivestire la natura convenzionale attribuibile ai patti parasociali - se comporta l'opponibilità del medesimo ai terzi, in essi compreso l'acquirente della partecipazione sociale, non vale, invece, a radicare il fondamento di un'azione di retratto, finalizzata all'esercizio di un preteso diritto di riscatto del bene in questione. Ne consegue che la violazione della clausola statutaria contenente un patto di prelazione comporta l'inopponibilità nei confronti della società e dei soci titolari del diritto di prelazione - stante la menzionata "efficacia reale" del patto inserito nello statuto sociale -della cessione della partecipazione societaria (che resta, però, valida tra le parti stipulanti), nonché l'obbligo di risarcire il danno eventualmente prodotto, alla stregua delle norme generali sull'inadempimento delle obbligazioni. Per contro, siffatta violazione non comporta anche il diritto potestativo di riscattare la partecipazione nei confronti dell'acquirente, atteso che il cd. retratto non integra un rimedio generale in caso di violazioni di obbligazioni contrattuali, ma solo una forma di tutela specificamente apprestata dalla legge e conformativa dei diritti di prelazione, previsti per legge, spettanti ai relativi titolari.

Commento

(di Daniele Minussi)
La pronunzia chiarisce in maniera cristallina la precisa portata della clausola statutaria di prelazione. Da un lato essa assicura il fatto che la violazione della stessa ad opera di un socio che alieni la propria partecipazione ad un terzo senza rispettarla conduce all'inefficacia del trasferimento nei confronti della società e degli altri soci. Tuttavia la clausola non conferisce il diritto di retratto, vale a dire non consente che i prelazionari possano recuperare la partecipazione alienata presso il terzo, che ne diviene titolare nonostante la prelazione. L'effetto del recupero di quanto ceduto in violazione della prelazione infatti compete soltanto alle ipotesi espressamente previste dalla legge (si pensi al c.d. retratto successorio di cui all'art.732 cod.civ., alla prelazione in materia di fondi rustici, di beni culturali, etc.).

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