È possibile conferire criptovaluta allo scopo di aumentare il capitale sociale? La risposta è negativa anche per il Giudice di seconde cure. (Appello di Brescia, 30 ottobre 2018)

L'effettivo valore economico di una criptovaluta non può determinarsi con la perizia di stima e la procedura di cui al combinato disposto degli artt. 2264 e 2265 c.c. - riservata a beni, servizi ed altre utilità, diversi dal denaro - non essendo possibile attribuire valore di scambio ad un'entità (la criptovaluta) essa stessa costituente, al pari del denaro, elemento di scambio (contropartita) della negoziazione ed in assenza di un sistema di scambio idoneo a determinare l'effettivo valore in euro ad una certa data.

Commento

(di Daniele Minussi)
No all'idoneità della criptovaluta a formare valutabile oggetto di conferimento. Non è possibile incrementare il capitale di una società a responsabilità limitata utilizzando valute virtuali. Questo esito ermeneutico tuttavia segue un percorso peculiare. Non è stata messa in discussione infatti l'idoneità della criptovaluta in generale a costituire elemento di attività conferibile nel capitale, ma se il bene nella specie oggetto di concreto conferimento (la criptovaluta "X") soddisfasse o meno il requisito di cui al II comma dell'art.2464 cod.civ.. Ebbene: la valutazione dei Giudici si è spinta nel merito, sostanzialmente disconoscendo le conclusioni della perizia di stima relativamente al "valore normale" del bene che ne costituiva l'oggetto. La valuta virtuale "X" nella fattispecie è stata reputata inidonea allo scambio, essendo negoziata esclusivamente su una piattaforma di scambio predisposta dagli ideatori, nè essendo stato individuato alcun criterio oggettivo di valorizzazione diverso da quello fornito dal perito e fondato sull'ultima valorizzazione disponibile sul sito di negoziazione.

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