Divisione ereditaria e abusi edilizi. La Cassazione conferma l'orientamento già espresso nel 2021. (Cass. Civ., Sez. II, ord. n. 7020 del 9 marzo 2023)

Gli atti di scioglimento delle comunioni relative ad edifici, o a loro parti, sono soggetti alla comminatoria della sanzione della nullità prevista dall'art. 40, comma 2, della L. n. 47 del 1985 per gli atti tra vivi aventi ad oggetto diritti reali relativi ad edifici realizzati prima della entrata in vigore della detta legge, ove dagli atti non risultino gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria, ovvero ad essi non sia unita copia della domanda di sanatoria corredata dalla prova del versamento delle prime due rate di oblazione o dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante che la costruzione dell'opera è stata iniziata in data anteriore al 1 settembre 1967.
Quando sia proposta domanda di scioglimento di una comunione (ordinaria o ereditaria che sia), il giudice non può disporre la divisione che abbia ad oggetto un fabbricato abusivo o parti di esso, in assenza della dichiarazione circa gli estremi della concessione edilizia e degli atti ad essa equipollenti, come richiesti dall'art. 46 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e dall'art. 40, comma 2, della L. 28 febbraio 1985, n. 47, costituendo la regolarità edilizia del fabbricato condizione dell'azione ex art. 713 cod.civ., sotto il profilo della "possibilità giuridica" e non potendo la pronuncia del giudice realizzare un effetto maggiore e diverso rispetto a quello che è consentito alle parti nell'ambito della loro autonomia negoziale, da ciò derivando che la mancanza della documentazione attestante la regolarità edilizia dell'edificio e il mancato esame di essa da parte del giudice sono rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio.
È stato, peraltro, chiarito che tale preclusione non investe la comunione nella sua integralità, in quanto permane la possibilità di chiedere e ottenere lo scioglimento giudiziale della comunione per l'intero complesso degli altri beni, con la sola esclusione degli edifici abusivi, anche ove non vi sia il consenso degli altri condividenti.

Commento

(di Daniele Minussi)
Le menzioni urbanistiche sono indispensabili anche in relazione agli atti divisionali. Questa è la conclusione della S.C. che conferma quella raggiunta già da Cass. Civ. Sez. II, 26563/2021 che aveva ribaltato il precedente orientamento espresso da Cass. Civ., Sez. II, 2313/10. Va osservato come Il difetto del provvedimento concessorio ovvero la mancanza della relativa menzione rendono nulli non ogni e qualsiasi atto idoneo a trasferire la proprietà o a costituire diritti reali parziari afferenti a beni immobili, essendo propriamente esclusi dalla prescrizioni in esame gli atti costitutivi di ipoteca o quelli intesi a dar vita al diritto di servitù. Parimenti esclusi dalla sanzione in parola sono le provenienze successorie, stante l'automaticità del titolo acquisitivo. Dubbi erano invece stati espressi in relazione all'attività negoziale di scioglimento della comunione ereditaria. Giova rammentare come, in senso potenzialmente contrario, fosse stata invece proclamata la ricomprensione della divisione convenzionalmente attuata dai coeredi nell'ambito del procedimento ereditario e la conseguente esclusione della sfera di operatività della nullità in esame (Cass.Civ. Sez.II, 15133/01). L'orientamento, di difficile giustificazione teorica, era stato successivamente confermato (Cass. Civ., Sez. II, 2313/10), ma da ultimo completamente sovvertito (Cass. Civ. Sez. II, 26563/2021), essendosi rilevato come la natura dell'atto divisionale non possa non essere qualificata come inter vivos. La pronunzia in esame viene a ribadire tale impostazione.

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