Decadenza dal diritto di accettare l'eredità. Esperibilità del rimedio di cui all'art. 524 cod.civ. da parte dei creditori. (Cass. Civ., Sez. VI-II, ord. n. 33479 dell'11 novembre 2021)

Il rimedio previsto dall'art. 524 cod. civ. è utilizzabile dai creditori non solo in presenza di una rinuncia formale all'eredità da parte del chiamato, ma anche nel caso in cui quest'ultimo non dichiari di accettarla in seguito all'esperimento della cd."actio interrogatoria" ex art. 481 cod.civ., essendo le due ipotesi assimilabili dal punto di vista del pregiudizio arrecato alle ragioni dei creditori del chiamato.

Commento

(di Daniele Minussi)
La S.C. ribalta l'opinione, del tutto prevalente, secondo la quale il presupposto per l'attivazione del rimedio di cui all'art. 524 cod.civ. si identificherebbe in un formale atto di rinunzia da parte del chiamato, al quale non potrebbe essere equiparata la perdita del diritto di accettare, tanto in conseguenza del decorso del termine prescrizionale di cui all'art.480 cod.civ., quanto dell'eventuale infruttuosa decorrenza del termine decadenziale di cui agli artt.481 e 487 cod.civ.. A questo punto parrebbe ammissibile, a fronte del contegno inerte del chiamato, l'esperimento da parte dei suoi creditori dell'azione surrogatoria (art.2900 cod.civ.
In fondo il presupposto dell'eventus damni si sostanzia, parimenti nel fondato timore che i beni del chiamato abbiano una consistenza patrimoniale tale da non permettere il soddisfacimento dei di lui creditori (Cass. Civ. Sez. VI-II, ord. 5994/2020).

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