Criteri ermeneutici in materia testamentaria. (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 9180 del 16 aprile 2013)

Ai fini dell'interpretazione del testamento è ammesso il ricorso ad elementi estrinseci solo in via sussidiaria, ove cioè dal testo dell'atto non emerga con certezza l'effettiva volontà del de cuius, sempreché trattasi di elementi riferibili allo stesso, quali ad esempio la sua mentalità, cultura, condizione sociale, dovendo tale indagine essere condotta sulla base dell'esclusivo esame dell'atto. (Nella specie deve escludersi che la lettera scritta poco prima di morire dal de cuius possa costituire una revoca implicita del precedente testamento olografo laddove risulta troppo generica proprio nella disposizione relativa alla costituzione di erede, lasciando intendere che la missiva non possa esprimere più che meri propositi futuri rimasti inattuati per il sopraggiungere del decesso).

Commento

(di Daniele Minussi)
Il cardine dell'interpretazione dell'atto di ultima volontà è pur sempre il rinvenimento di una volontà certa da parte del testatore, volontà che può essere revocata soltanto in presenza di elementi di segno contrario altrettanto sicuri. Non si può se non condividere il ragionamento sotteso alla decisione della S.C. qui in commento.

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