Crediti ereditari e comunione incidentale: esclusione del litisconsorzio necessario fra coeredi. (Cass. Civ., Sez. III, sent. n. 15894 dell’11 luglio 2014)

I crediti del de cuius, a differenza dei debiti, non si ripartiscono tra i coeredi in modo automatico in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria in conformità all'art. 727 c.c., che, nel prevedere la formazione delle porzioni con inclusione dei crediti, presuppone che gli stessi facciano parte della comunione, nonché al successivo art. 757 c.c., in forza del quale i crediti ricadono nella comunione poiché il coerede vi succede al momento dell'apertura della successione, trovando tale soluzione conferma nell'art. 760, c.c., che, escludendo la garanzia per insolvenza del debitore di un credito assegnato a un coerede, presuppone necessariamente l'inclusione dei crediti nella comunione. Né, in contrario, può argomentarsi dagli artt. 1295 e 1314 dello stesso codice, concernendo il primo la diversa ipotesi del credito solidale tra il de cuius ed altri soggetti e il secondo la divisibilità del credito in generale. Ne deriva che ciascuno dei partecipanti alla comunione ereditaria può agire singolarmente per far valere l'intero credito comune, o la sola parte proporzionale alla quota ereditaria, senza necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti gli altri coeredi, ferma la possibilità che il convenuto debitore chieda l'intervento di questi ultimi in presenza dell'interesse all'accertamento nei confronti di tutti della sussistenza o meno del credito.

Commento

(di Daniele Minussi)
Come è noto le passività ereditarie non sono solidali, rispondendo ciascun erede in proporzione alla propria quota d'eredità in base alla regola fondamentale di cui all'art.752 cod.civ.. Non altrettanto è a dirsi per quanto attiene invece ai crediti riconducibili all'asse ereditario, per i quali varrebbe la regola della comunione ereditaria incidentale. La contrari opinione tradizionale è stata sovvertita a far tempo da Cass. SSUU 2007/24657 nella cui scia si pone la sentenza che qui si commenta.
Ne segue che ciascun erede può agire facendo valere per l'intero il credito del comune dante causa senza dover parallelamente instaurare il giudizio in riferimento agli altri aventi diritto. Tale conclusione non esclude peraltro che, ove il debitore abbia l'interesse di far risultare con efficacia estesa a tutti gli aventi causa del de cuius, l'esistenza di ragioni negatrici dell'obbligazione (si pensi all'intervenuta prescrizione) sia possibile per costui richiederne l'intervento nel giudizio.

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