Contratto preliminare, accettazione di assegni versati in ritardo e operatività della clausola risolutiva espressa. (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 22372 del 13 settembre 2018)

L'accettazione da parte del promittente alienante di assegni versati in ritardo dal promissario acquirente non ripristina il contratto preliminare sciolto in conseguenza degli effetti della clausola risolutiva espressa. La richiesta di “azzerare” il negozio, peraltro, è compatibile con la contemporanea proposizione della domanda di ritenzione della caparra a titolo di acconto sul risarcimento.

Commento

(di Daniele Minussi)
La pronunzia ha ad oggetto la complessa situazione creatasi tra due società, l'una nella propria veste di promissaria acquirente di enti immobiliari di cui era titolare l'altra, la quale li aveva promessi in vendita alla prima. Il contratto preliminare conteneva articolate clausole che variamente vincolavano le parti. Da un lato la promissaria acquirente avrebbe dovuto corrispondere entro precisi termini ratei di prezzo. Il pagamento era stato dedotto sotto clausola risolutiva espressa. Dall'altro la promittente alienante avrebbe dovuto rilasciare una fideiussione entro trenta giorni dalla data del perfezionamento dell'accordo, ciò che non aveva avuto seguito. Nel pesare l'inadempimento reciproco, i Giudici hanno però ritenuto che tale ultimo termine non possedesse natura essenziale, contemporaneamente negando che l'incameramento degli assegni versati dalla promissaria acquirente in esito all'intimazione pervenutale potesse in qualche modo "bloccare" l'operatività della clausola risolutiva espressa, negando qualsiasi valenza alla illegittima ritenzione delle corrispondenti somme, le quali non avrebbero dovuto essere incassate. Risolto il contratto, infatti, il pagamento in ritardo avrebbe ben potuto essere qualificato come "sine causa".

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