Concorso tra vocazione legittima e vocazione testamentaria. (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 15239 del 20 giugno 2017)

La successione legittima può coesistere con quella testamentaria nell'ipotesi in cui il de cuius non abbia disposto con il testamento della totalità del suo patrimonio ed in particolare, nel caso di testamento che, senza recare istituzione di erede, contenga soltanto attribuzione di legati. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, in applicazione di detto principio ed in mancanza di formale istituzione di erede, aveva qualificato come legatario il beneficiario mortis causa di una specifica consistenza immobiliare, non rilevando, in senso contrario, che lo stesso fosse stato altresì onerato di partecipare alle spese funerarie del de cuius né, tantomeno, la mancata menzione, nel testamento, di altri soggetti o di altri beni, la cui inesistenza non era stata dimostrata).

Commento

(di Daniele Minussi)
L'ipotesi del possibile concorso tra le due fonti (quella ex lege e quella ex testamento) di delazione può in linea teorica essere riconducibile a due ipotesi assolutamente differenti. Un conto infatti è l'istituto ex re certa (art.588 cod.civ.), vale a dire l'istituzione di erede effettuata in relazione ad uno o più beni determinati, altra cosa è una volontà del testatore intesa a disporre uno o più legati. Nel primo caso si disputa se possa esservi spazio per un'attribuzione ex lege di quanto non sia stato disposto: secondo un'opinione, infatti, a ciò osterebbe la forza espansiva della istituzione ex certa re. Nel secondo, che corrisponde al caso pratico sottoposto all'attenzione della S.C., non v'è alcun dubbio sul fatto che il testatore possa aver disposto con l'atto di ultima volontà, soltanto disposizioni a titolo particolare. Il residuo patrimonio dovrà essere devoluto a titolo ereditario, secondo la legge.

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