Cessione di fabbricato da costruire. Vendita di cosa futura o appalto? (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 23110 del 18 agosto 2021)

Il contratto avente ad oggetto la cessione di un fabbricato non ancora compiutamente realizzato o da ristrutturare, con previsione dell'obbligo del cedente, che sia anche imprenditore edile, di eseguire i lavori necessari a completare il bene o a renderlo idoneo al godimento, può integrare gli estremi della vendita di cosa futura se nel sinallagma contrattuale l'obbligo di completamento dei lavori assume un rilievo soltanto accessorio e strumentale rispetto al trasferimento della proprietà.

Commento

(di Daniele Minussi)
La pronunzia in esame scandisce, sotto il profilo causale, la distinzione tra vendita di cosa futura e appalto (sulla quale cfr. Cass. Civ., Sez. II, n. 15368/2009). Nella prima infatti l'obbligazione di facere consistente nel completamento della realizzazione del manufatto è meramente strumentale rispetto all'oggetto del contratto, che consiste nel bene di futura realizzazione; nella seconda invece tale obbligazione assume rilevanza primaria e costituisce essa stessa oggetto della negoziazione. La differenza i due schemi contrattuali è evidente: con riferimento alle conseguenze giuridiche del mancato raggiungimento del risultato finale. Mentre nell'ipotesi della vendita di cosa futura l'art. 1472 cod.civ. prevede la nullità, in materia di appalto non potrà non farsi riferimento all'inadempimento dell'obbligazione posta a carico dell'appaltatore ad alla susseguente risoluzione del contratto.

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