Cessione di bene strumentale e violazione del divieto del patto commissorio. (Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 20420 del 28 settembre 2020)

La cessione di un bene che sia strumentale a fornire la garanzia di un debito anteriore, per l'adempimento del quale venga concessa una proroga, attraverso l'individuazione a tal fine di un nuovo termine, rappresenta un'illecita elusione del divieto del patto commissorio, atteggiandosi a mezzo per conseguire il risultato vietato dall'art. 2744 cod.civ.

Commento

(di Daniele Minussi)
Ordinariamente l'alienazione in garanzia nulla per contrarietà al divieto del patto commissorio suole essere riferita ad un contesto cronologico di contemporaneità tra assunzione di debito e conclusione dell'accordo in forza del quale la proprietà del bene sarebbe trasferita al creditore nell'ipotesi di inadempimento dell'obbligazione di restituzione della somma mutuata. Qualora l'immobile venisse trasferito come frutto si un accordo solutorio "postumo" si avrebbe invece valida datio in solutum (art. 1197 cod. civ.). Nell'ipotesi in esame invece (senza considerare l'assunzione della posizione debitoria in capo ad un soggetto diverso rispetto a quello originario), l'inadempimento si era già verificato prima della stipulazione del contratto recante l’obbligo di trasferimento dell’immobile.
Quid juris?
Secondo la S.C. l'illecita elusione del divieto di patto commissorio ha luogo anche quando la cessione del bene è strumentale a fornire la garanzia di un debito anteriore, per l’adempimento del quale venga concessa una proroga, venendo ad essere concesso un nuovo termine per l'adempimento. Secondo tale impostazione
(cfr. Cass. n. 7882/1994), poiché il patto commissorio è definito come l’accordo con cui il debitore destina in proprietà definitiva al proprio creditore, a soddisfacimento parziale o totale del proprio debito, un bene in garanzia per l’ipotesi del proprio inadempimento, senza alcuna previsione di stima del valore in base ai valori correnti in quel momento, la figura ricorrerebbe sia con riferimento ad un debito che viene assunto contemporaneamente alla stipula dell’accordo, sia in relazione ad un debito precedentemente sorto, che venga prorogato. Dunque l'atto sarebbe nullo in quanto, pur non integrando la figura di cui all’art. 2744 cod.civ. in via diretta, costituirebbe comunque un mezzo per conseguire il risultato vietato dalla norma. Insomma: ancora una volta la Cassazione valorizza massimamente l'aspetto causale del negozio posto i essere, sindacandone l'intima ragion d'essere.

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